Incassa due tasselli la ratifica dell'accordo contro le doppie imposizioni firmato a marzo 2019 da Italia e Cina. Il provvedimento già approvato al Senato ha ricevuto parere positivo dalla commissione Finanze e dalla commissione Affari Ue. Manca al momento l'ok della Bilancio che prima di esprimersi ha chiesto al ministero dell'Economia alcuni chiarimenti. Prima di tutto dati più aggiornati sulle ripercussioni sul gettito che l'intesa potrà avere. La relazione tecnica, infatti, utilizza per la stima i dati riferiti al periodo d'imposta 2017.
Il testo è ora in commissione Esteri, discusso al momento soltanto nella seduta dello scorso 27 ottobre, quando i rappresentanti della Lega ha avanzato la rischiesta di sentire in audizione sulle relazioni italo-cinese il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, firmatario nel 2019, quando era ministro dello Sviluppo economico, dell'accordo per la partecipazione italiana alla Belt and Road Intiative. Il ciclo di audizioni richiesto dal Carroccio vorrebbe inoltre comprendere l'ambasciatore cinese in Italia e rappresentati dell'Agenzia delle Entrate.
l provvedimento servirebbe ad eliminare le doppie imposizioni in materia di imposte di reddito e a prevenire le evasioni e le elusioni fiscali, aggiornando l'attuale disciplina bilaterale sugli aspetti di fiscalità diretta e adeguandone le disposizioni ai più recenti standard internazionali, in particolare al modello Osce. Per quanto riguarda l'oggetto, l'accordo si riferisce alle imposte Irpef, Ires e Irap per l'Italia e all'imposta sui redditi delle persone fisiche e quella sui redditi da attività d'impresa per la Cina.
Gli articoli 10-13 prevedono le regole di tassazione sui redditi di capitale (interessi, dividendi, royalties e capital gains), secondo cui le aliquote massime di prelievo fissabili dallo stato della fonte sono in linea con quelle concordate dalla Cina nelle convenzioni stipulate con gli altri paesi Ue maggiormente comparabili all'Italia, permettendo quindi agli investitori italiani di operare in condizioni paritarie rispetto ai maggiori competitors europei. Sui dividendi vige poi, come principio generale, l'imponibilità nello stato contraente di residenza del percipiente, con delle eccezioni di doppia tassazione con aliquote ridotte dal 10 al 5% nel caso di partecipazioni dirette di almeno il 25% del capitale della società che paga i dividendi, detenute per almeno 365 giorni.
Per dividendi diversi, si applica l'aliquota del 10%. Per quanto riguarda le professioni e il lavoro autonomo, invece, di regola l'imposizione dovrebbe avvenire nello stato di residenza del percettore di tali redditi, salvo i casi in cui il percettore abbia una base fissa disponibile, che sarebbe sottoposta ad imposizione concorrente. Anche per il trattamento fiscale delle remunerazioni derivanti da lavoro subordinato, la tassazione sarebbe di competenza dello stato di residenza del lavoratore, salvo che l'attività lavorativa non venga prestata nell'altro stato contraente, nel qual caso la potestà impositiva diverrebbe concorrente. L'accordo estende poi la cooperazione anche in materia di scambio di informazioni, di cui all'art. 27, prevedendo il superamento del «domestic tax interest» e del segreto bancario. (riproduzione riservata)