Per l’economia italiana la variabile di maggiore impatto nei prossimi anni sarà la Cina e la sua economia. Lo ha sottolineato Michele Geraci, sottosegretario al ministero per lo Sviluppo Economico, in questa intervista rilasciata ai microfoni di ClassCnbc.
Domanda. La Cina ha comunicato di recente dati economici in rallentamento. L’import è sceso del 4,4% e l’export del 7,6%. Un mese di dicembre che ha sorpreso anche gli analisti. Dopo questi dati, continua ad avere fiducia nell’economia cinese?
Risposta. Assolutamente. La Cina è una delle variabili più importanti. E il commercio internazionale ha un valore ancora più elevato per la sostenibilità della nostra economia. Basti pensare che vale un terzo del pil italiano. La Cina inoltre rallenta in termini relativi, ma una crescita del 6,5% resta elevata in termini assoluti. Negli ultimi tempi come governo ci siamo occupati prevalentemente dell’economia domestica, ma siamo convinti che l’Asia, e Paesi come la Cina, il Vietnam e la Corea offrano grandi opportunità da sfruttare. Un concetto che cerco di trasferire alle nostre aziende.
D. Fra Cina e Stati Uniti sono in corso vari incontri per trovare un accordo nella guerra dei dazi. A suo parere si arriverà a una soluzione?
R. Credo di sì. La guerra dei dazi è una tattica usata da vari Paesi per cercare di negoziare al meglio. Non abbiamo creduto nemmeno un minuto al ritorno a un regime di autarchia. Sarebbe stato altamente improbabile.
D. Gli ultimi dati, riferiti a novembre, indicano un aumento dell’interscambio dell’Italia con la Cina del 10%. Fra i settori più dinamici, il meccanico, l’agroalimentare, l’arredamento e il farmaceutico. Cosa si aspetta nel 2019?
R. Quest’anno abbiamo un piano di promozione del made in Italy, ma il dollaro o l’euro non sono le sole variabili da considerare. Stiamo decidendo in quali attività investire, per essere efficienti, in quali settori e su quale tipologia di imprese, con quelle medie che hanno bisogno di un aiuto in più.
D. Lei guida una task force operativa. Su cosa state lavorando? Cosa c’è in cantiere?
R. Stiamo lavorando a un’opera di informazione. Prima di realizzare una strategia, le aziende devono avere infatti le informazioni che servono. In questo senso stiamo operando in gruppi di lavoro che permettano di mettere in evidenza non solo le opportunità, ma anche le sfide che pmi italiane incontrano quando vogliono fare affari in Cina.
D. Dal punto di vista dell’export verso la Cina, l’Italia è molto indietro rispetto ad altri Paesi. La Germania per esempio esporta cinque volte quanto noi. Cosa ne pensa?
R. È innegabile che siamo rimasti un po’ indietro nei rapporti commerciali con la Cina. Ma questo implica che il potenziale da sfruttare è molto grande. E voglio che l’Italia, un’economia da 1.700 miliardi, riconquisti il posto che le spetta, esportando di più di quello che fa adesso.
D. Di Maio si è recato in Cina. Cosa sta cambiando nei rapporti Italia-Cina?
R. Sta cambiando la percezione. L’Italia vuole giocare il ruolo che le compete sia in ambito europeo sia internazionale.
D. Qualcuno di recente ha evocato una «legge Pernigotti». State pensando a una legge per evitare che i marchi italiani vadano all’estero?
R. Il tema è molto complesso e va valutato caso per caso. La delocalizzazione non è positiva, ma se per esempio un’azienda cinese compra una quota di minoranza in una società italiana e la fa crescere anche in Cina, non la indebolisce, ma al contrario la rafforza.
D. Lei ha parlato prima dell’importanza delle informazioni. Anche Class editori, che controlla questo canale tv, ha lanciato con l’agenzia statale Xinhua una banca dati e un sito per permettere alle pmi italiane di sfruttare i benefici della Belt& Road Iniziative. Come vede questa opportunità?
R. Una grande opportunità è quella della cooperazione con la Cina in Paesi terzi, in particolare in Africa, che ha bisogno di investimenti per stabilizzarsi da un punto di vista economico e sociale. E credo che sia nell’interesse di tutti. (riproduzione riservata)