La Cyberspace Administration cinese, istituita da Xi Jinping durante il suo primo mandato presidenziale per sorvegliare Internet, secondo un'inchiesta esclusiva del Wall Street Journal, sta assumendo un nuovo ruolo: regolamentare le società cinesi quotate negli Stati Uniti, nei cui confronti è in atto a Pechino un vero e proprio giro di vite.
Giro di vite che sta innescando un'ondata di vendite dei titoli cinesi scambiati a Wall Street (sono quasi 250 e la loro capitalizzazione supera i 2.000 miliardi di dollari). Ieri, per esempio, a metà seduta Didi, concorrente cinese di Uber, perdeva il 6,1% a 11,18 dollari (l'ipo è stata prezzata 14 dollari, raccogliendo così 4,4 miliardi di dollari, mentre lo scorso 30 giugno il titolo ha chiuso il primo giorno di contrattazioni sul Nyse a 14,14 dollari).
La Cyberspace Administration cinese ha avviato un'inchiesta su Didi per violazione delle normative sulla sicurezza dei dati, ordinando l'esclusione temporanea dell'app dagli store digitali. Secondo il Wall Street Journal, la Cyberspace Administration cinese sta avendo un ruolo attivo nella stesura delle disposizioni sulle informazioni considerate fondamentali per la sicurezza nazionale e che quindi non dovrebbero essere divulgate dalle società ai regolatori stranieri.
Questo potrebbe mettere le regole cinesi ancora più in contrasto con quelle stabilite dalle autorità statunitensi, rendendo sempre più difficile per le aziende del colosso asiatico soddisfare le richieste di entrambe le parti. La Sec ha cercato di avere maggiore accesso agli audit delle società cinesi, alcune delle quali si sono opposte alla richiesta, affermando che le leggi di Pechino vietano loro di consegnare i documenti di audit alle autorità di regolamentazione statunitensi. Di conseguenza, gli analisti sostengono che molte società cinesi potrebbero essere delistate dalle borse statunitensi.
Intanto è stata ritirata l'Ipo statunitense di Keep, l'app di fitness più popolare in Cina, che avrebbe dovuto raccogliere 500 milioni di dollari. Ormai è chiaro che Pechino ha assunto un atteggiamento esplicitamente ostile nei confronti delle quotazioni all'estero delle società tecnologiche, dopo un lungo periodo in cui i mercati statunitensi erano visti come un'importante fonte di capitali che i mercati cinesi non erano ancora pronti a sostituire.
Secondo Dealogic, nel 2020 e nel primo semestre del 2021, le società cinesi hanno raccolto 26 miliardi di dollari dalle Ipo negli Stati Uniti nel 2020 e nel 2021, il massimo dalla quotazione record da 25 miliardi di Alibaba nel 2014. Sembra inevitabile che la sicurezza dei dati e la sovranità diventeranno sempre più un punto di attrito tra le due superpotenze.
Come conseguenze di questa situazione, per esempio, lo scorso maggio Tesla ha annunciato che avrebbe aperto un nuovo centro in Cina per archiviare tutti i dati delle sue auto in loco per rispondere alle preoccupazioni di Pechino riguardo al loro utilizzo. Cosa che comporta un aumento delle spese per investimento, che si sarebbero potute evitare se la collaborazione fra le società tecnologiche statunitensi e cinesi fosse continuata senza ostacoli come ai bei tempi andati. (riproduzione riservata)