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Politica

I timori di inflazione possono rallentare la corsa della Cina

La forbice tra prezzi al consumo e i prezzi alla produzione si è allargata a quasi il 9%, il livello più alto mai registrato negli ultimi tredici anni. E le cause, prezzi delle materie prime, costo del lavoro e aumenti dei costi di trasporto, non sembrano destinate a rientrare nell'immediato futuro


13/09/2021 11:06

di Marco Leporati*

settimanale

Nell’ambito del commercio tra Cina e resto del mondo il risultato di agosto, forse non previsto o stimato correttamente dagli analisti, si è mantenuto su livelli robusti: + 25,6% nell’export e + 33,1% nell’import con variazione anno su anno.

Inoltre la forbice tra prezzi al consumo in Cina CPI (Consumer Price Index ) e i prezzi alla produzione PPI (Producer Price Index) si è allargata a tal punto che ormai il differenziale è pari all’8,7%, anno su anno ( 0,8 % quello dell’inflazione  e 9,5 % quello dei prezzi della produzione ex-works ovvero al cancello della fabbrica) il più alto mai registrato negli ultimi tredici anni.

Questo incremento è causato principalmente dall'aumento dei prezzi delle materie prime ma anche da una lievitazione del costo del lavoro. Inoltre hanno inciso i costi di trasporto in aumento, che incidono sul prezzo finale per unità di prodotto.

Nello scenario dei trasporti marittimi si è levata una voce fuori dal coro, quella della compagnia marittima francese CMA CGM che, dopo un incontro con il Presidente francese Emmanuel Macron, ha annunciato pubblicamente  che non procederà ad aumentare i noli sino al febbraio 2022 mantenendo i prezzi esistenti quale garanzia nei confronti della propria clientela.

La mossa di CMA, terza compagnia marittima al mondo, dopo Maersk e MSC, potrebbe sparigliare il cartello più o meno virtuale che si è costituito in questo anno con la complicità dello stato pandemico che ha favorito il sovvertimento delle tradizionali regole del trasporto.

Se la linea francese venisse seguita dagli altri vettori, si potrebbe prevedere una stabilizzazione dei noli a cui si dovrebbe, in un secondo momento, allineare Coscoshipping, il maggiore vettore cinese, scaricando poi l’incremento del costo di produzione sulle fabbriche del proprio paese.

Infatti, gli Stati Uniti, principali controparti del traffico con la Cina, difficilmente assorbirebbero tali aumenti perché stanno già denunciando una crescita della loro inflazione che penalizza il risultato del pil in questo momento in flessione dopo i successi dei mesi estivi.

Il livello di interconnessione di queste tematiche è destinato a crescere per le difficoltà che oggi coesistono nel panorama della supply chain in economie emergenti quali Vietnam, Cambogia e Bangladesh, il secondo produttore di abbigliamento dopo la Cina con 250 milioni di pezzi annui. Ma non solo.

È stato sufficiente un anomalo colpo di stato in Guinea per vedere il prezzo della bauxite, uno dei componenti dell’alluminio, incrementarsi a dismisura tanto da far decidere lo scorso primo settembre alla National Food and Strategic Reserves Administration cinese a rilasciare gradualmente nel mercato domestico quantità pari a 150 mila tonnellate di alluminio, rame e zinco per mitigare la scarsità e l’ovvio incremento di prezzi.

Su di un altro fronte una diversa autorità governativa, State Administration of Market Regulation (SAMR) ha deciso venerdì scorso di comminare una sanzione salata di 400.000 dollari a tre aziende cinesi: Shanghai Cheter, Shanghai Chengsheng Industrial e Shenzhen Technologies accusate di aver lucrato il 40% sul prezzo dei microchips.

Sono 59 i produttori in Cina con un portafoglio di 568 prodotti. La SAMR consente un aumento tra il 7% e il 10%. Non dobbiamo dimenticare che uno degli obiettivi a medio termini dei produttori cinesi di auto elettriche è l’esportazione soprattutto verso l’Europa considerando i successi di vendita in Cina.

Una prevedibile spinta ai consumi, e quindi ai prezzi, verrà dai tradizionali appuntamenti d'autunno, due giorni lavorativi di calendario per la prossima settimana per celebrare la Festa della luna, Middle Autumn Festival, e subito dopo, al primo di ottobre, la festa della Repubblica, anche se si prevedono solo viaggi di prossimità, a causa delle regolamentazioni di prevenzione del Covid, che è tornato a riaffacciarsi nella provincia meridionale del Fujian, dove un nuovo focolaio di variante Delta ha coinvolto finora un centinaio di persone già vaccinate.

Alla riapertura a metà ottobre sopra il cielo di questa rincorsa dei prezzi aleggerà anche il costo energetico, soprattutto relativo al carbone, impattato dalla "guerra  fredda" con l’Australia, uno dei maggiori fornitori che è venuto meno, costringendo Pechino a orientarsi, con mille difficoltà logistiche, verso la Mongolia.

Contemporaneamente la Beijing Electric Power Association con undici società che gestiscono le centrali a carbone hanno sottoscritto una petizione per richiedere autorizzazione alla Beijing Municipality Commission of Urban Management di rivedere il prezzo dell’energia per Kilowatt/ora pena la chiusura delle attività per bancarotta.

Se in Occidente la ripresa di questi mesi ha creato un sentiment positivo anche dovuto ad un pil elevato mai visto nel recente passato, in Cina le prospettive non sono rosee proprie per la difficoltà di reperimento delle materie prime e l'insorgente fattore inflattivo.

Tra l'altro si fa strada una tendenza delle PMI a non evadere i nuovi ordini perchè i tempi di incasso delle fatture sull'estero si stanno dilatando con effetti sul capitale circolante. Sia per l’approvvigionamento dei materiali sia per le lungaggini costose dei trasporti, con stock di merce pronta nei magazzini propri o di terzi, “fare impresa” risulta sempre meno attrattivo.

Per questa ragione la Banca centrale sta valutando di tagliare ulteriormente il livello delle riserve richiesta alle banche locali in modo che queste possano allentare i cordoni del credito alle piccole e medie imprese.

Nel corso del programma televisivo Dossier, trasmesso qualche giorno fa in RAI, in occasione della ricorrenza dell’11 settembre, la Cina ha assunto la posizione di convitato di pietra e sia Federico Rampini che Gianpiero Massolo, presidente di Fincantieri e di ISPI, hanno prospettato l’ipotesi che l’attuale modello americano di intervento pubblico voglia copiare quello cinese ormai rodato da parecchi anni con successo.

Il capitalismo politico val bene una messa? (riproduzione riservata)

*managing director a Shanghai di Savino Del Bene, azienda di trasporti internazionali e logistica. Vive e lavora in Cina da oltre 25 anni

 


 


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