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Politica

Il vino italiano conquista Singapore, crocevia dei mercati orientali

Mentre cento delegazioni cinesi si apprestano a volare in Italia per partecipare al Vinitaly a inizio aprile, la città-stato ha importato nel 2021 32 milioni di litri di vino di cui circa 17 milioni sono stati riesportati in Giappone, Cina, Hong Kong, Australia, Thailandia e Malesia, confermandosi snodo imprescindibile per questo mercato


21/03/2023 18:01

di Marco Leporati*

settimanale

La città-stato di Singapore sta gradualmente ritornando a rivestire la funzione di punto di raccordo sia economico che finanziario del Sud est asiatico, funzione che aveva mantenuto per molti anni sino allo scoppio della pandemia del 2020. L’obiettivo primario è quello di attrarre capitali anche con nuove formule quali la "Variable capital company”, una struttura ad ampio spettro per la gestione dei flussi finanziari.

In questo contesto dinamico vi è stata una interessante iniziativa una decina di giorni fa dal titolo “Parliamo di vino”, promossa dall’Accademia italiana della Cucina di Singapore, con la collaborazione della Sunrice Accademy e con il beneplacito dell’Ambasciata italiana nella presenza dell’Ambasciatore Vattani.

Ad inizio aprile si terrà a Verona la nuova edizione del Vinitaly alla quale parteciperanno oltre cento delegazioni cinesi e altre in minor numero di questa area. La peculiarità del consumo di vino nel territorio di Singapore da un lato deve fare i conti con i soli sei milioni di abitanti, dall’altro Singapore, per la sua storia prima coloniale e poi di faro occidentale nell’ambito dell’Oriente, ha costruito una propria specificità nel consumo stesso del vino.

Infatti, nel 2021 il consumo di vino procapite è stato di 2,75 litri superiore a quello cinese ma ben distante dai quantitativi consumati in Europa ed in particolar modo in Italia.

Va tenuto presente, in rapporto ad una qualità della vita estremamente elevata per gli alti redditi, il costo di ogni singola bottiglia: il paradigma è quello di spendere bene per bere bene. La piazza di Singapore è un mercato maturo e l’incidenza dei dazi gioca a favore del prezzo finale della bottiglia. Infatti la formula doganale è standard: la Excise Duty (la nostra accisa) è di 88 dollari di Singapore (63 euro) per litro. Considerando la Good and service Tax (GST) in vigore a Singapore, la media porta ad avere una imposizione fiscale di 8 dollari di Singapore (5,75 euro) indipendentemente dal valore del vino imbottigliato.

Si spiega quindi la preferenza verso vini francesi, in particolare la categoria degli Champagne rispetto a vini australiani, cileni e spagnoli e sudafricani, che hanno un prezzo inferiore ma con lo stesso importo di accise.

L’Italia oggi sta guadagnando posizione sia con i vini della Franciacorta sia con il Prosecco, che non vuole essere l’alternativa allo champagne, ma un modello nuovo e fresco di consumo legato agli aperitivi ben rappresantati dagli Spritz e che fa da sponda ad un modello di vita giovanile e trendy.

Infatti la vendita di vino è prevalentemente destinata al segmento HORECA o come viene definito “ out of home consumption”, consumo fuori casa. Essendo Singapore lo snodo del sud est asiatico con una importazione di 32 milioni di litri nel 2021, era stato stimato che circa 17 milioni erano stati riesportati in Giappone, Cina, Hong Kong, Australia, Thailandia e Malesia.

In totale nel mercato degli alcolici a Singapore, il vino ha una quota del 10% mentre la prevalenza dei consumi è coperta dalla birra.

Un aspetto interessante a livello comparativo è che Singapore mantiene la specificità del consumo di vini del “vecchio mondo” secondo questa classificazione creata decenni orsono, mentre la Cina che ha un consumo procapite di soli 0,74 litri ma in rapporto agli abitanti ha un consumo totale di un miliardo di litri, rientrando nella sesta posizione nel mondo, ha una propensione per i vini del “nuovo mondo”, definizione che al di là del gusto del consumatore, dipende soprattutto dal valore dei dazi, assente per il vino australiano (almeno fino al 2020) ed in misura ridotta per quello cileno.

Se il consumo a Singapore è in prevalenza fuori casa ne consegue che non può mancare in accompagnamento o in “pairing “ il cibo, ed in questo caso l’Italia detiene una posizione predominante in quanto la ristorazione italiana a Singapore si distingue per qualità e professionalità di chi svolge questa attività. L’Accademia italiana della cucina, fondata settantanni orsono, promuove in Italia e all’estero la cucina italiana assolvendo la funzione all’estero di diffusione e promozione del vino italiano.

Un altro contributo importante è quello che deriva dalla At-Sunrice Accademy che, come scuola di cucina costituita nel 2001, ora anche online, tra le varie missions, ha una cooperazione con Carpigiani Accademy “Be a gelatiere” per insegnare a creare il gelato, eccellenza italiana confermata ancora una volta nel recente SIGEP di Rimini, la fiera di settore della gelateria.

Questa voglia di Italia che permea la Sunrice ben si lega a quello che è il terroir italiano, patria del Barolo piuttosto che dei Supertuscany e dell’Amarone, espressioni di un mondo così apparentemente distante ma incuriosito da ciò che per l’Italia è un X factor importante per l’export e la cultura del territorio.

Nel libro di Oscar Farinetti, Storie di coraggio, pubblicato una decina di anni orsono, si tracciava la storia ed i caratteri di alcuni pionieri del vino o meglio di coloro che hanno avuto una visione diversa nel rapporto con il mercato. Oggi alcuni di loro sono scomparsi ma il mantra rimane sempre valido “Nei posti belli si fa il vino buono” (pag 304) di cui l’Italia è l’iperbole. (riproduzione riservata)

*presidente di Savino del Bene Shanghai Co. Vive e lavora a Shanghai da oltre 25 anni

 


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