L'inflazione cinese ha rallentato a marzo, attestandosi sui minimi da oltre un anno, grazie alla riduzione dei prezzi dei prodotti alimentari e non alimentari.
L'indice dei prezzi al consumo è aumentato dello 0,7% su base annua, rispetto all'incremento dell'1% di febbraio, ha puntualizzato l'Ufficio nazionale di statistica.
Si tratta della lettura più bassa dal settembre del 2021, al di sotto dell'aumento dello 0,9% previsto dagli economisti intervistati dal Wall Street Journal. Nel frattempo, l'indice dei prezzi alla produzione è sceso del 2,5% a livello annuale, in linea al consenso.
L'inflazione cinese più debole del previsto indica che la ripresa economica del Paese non è stata abbastanza forte da spingere i prezzi al rialzo, il che fa salire la probabilità che la Banca centrale tagli i tassi di interesse, afferma Zhiwei Zhang, economista di Pinpoint Asset Management.
Secondo Zhang, c'è spazio per le politiche fiscali e monetarie per stimolare ulteriormente la crescita. «Con l'inflazione in calo in Cina e il ciclo di rialzi dei tassi negli Stati Uniti che sta per concludersi, la probabilità di un taglio dei tassi della PBoC sta aumentando».
Per Capital Economics però nei prossimi mesi l'inflazione cinese probabilmente rimbalzerà grazie alla nuova contrazione del mercato del lavoro del Paese, dopo che i dati di marzo hanno mostrato che il dato è sceso sotto l'1% per la prima volta da oltre un anno. I numeri hanno inoltre evidenziato un calo dei prezzi dei generi alimentari e dei carburanti che hanno spinto i prezzi alla produzione sui minimi da 33 mesi a questa parte.
La società di ricerca prevede che l'inflazione raggiungerà il picco del 2,3% all'inizio del 2023, ma ritiene che gli aumenti dei prezzi in Cina saranno di gran lunga inferiori a quelli registrati in altre economie dopo l'allentamento delle restrizioni sul Covid. Gli esperti prevedono che la Banca centrale del Paese manterrà invariati i tassi di interesse di riferimento. (riproduzione riservata)