Mentre il presidente americano Joe Biden ha firmato, giovedì, un disegno di legge che mira a punire la Cina per le violazioni dei diritti umani nei confronti delle minoranze etniche e religiose nella regione dello Xinjiang, la Intel, il colosso americano produttore dei microchip più avanzati al mondo, è stato costretto a scusarsi con i suoi clienti cinesi per avere fatto circolare una lettera in cui denunciava le violazione dei diritti umani nella stessa regione.
In una lettera ai suoi fornitori globali, datata questo mese e pubblicata in diverse lingue sul suo sito web, Intel aveva invitato i suoi partner commerciali a tenersi alla larga dalla remota regione nord-occidentale della Cina, osservando che "diversi governi hanno imposto restrizioni sui prodotti provenienti dallo Xinjiang. Pertanto, Intel è tenuta a garantire che la nostra catena di approvvigionamento non utilizzi manodopera o fornisca beni o servizi dalla regione dello Xinjiang".
A meta' settimana, la lettera è finita al centro delle critiche di utenti cinesi arrabbiati e di un tabloid statale nazionalista, che denunciava la riluttanza di Intel a condurre affari che coinvolgessero lo Xinjiang. Oggi, il produttore di chip con sede a Santa Clara, in California, ha spiegato che la sua lettera è stata scritta solo per rispettare la legge degli Stati Uniti e che non rappresentava la posizione di Intel sullo Xinjiang.
"Ci scusiamo profondamente per la confusione causata ai nostri rispettati clienti, partner e pubblico cinesi", ha affermato Intel nella sua dichiarazione, pubblicata sulle sue piattaforme di social media in Cina.
La legislazione bipartisan, approvata dal Senato americano all'unanimità la scorsa settimana, vieta infatti le importazioni di merci dalla regione cinese dello Xinjiang a meno che le aziende o le singole persone non dimostrino che i materiali sono stati realizzati senza lavoro forzato. (riproduzione riservata)