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Politica

Italia-Cina: si riduce il deficit commerciale. Cala a 10,7 miliardi

Il dato emerge dall'ultimo rapporto della Fondazione Italia Cina. A fine 2019 le imprese cinesi a partecipazione italiana erano circa 1.700, con 170 mila addetti e un giro d’affari riferito a quell’anno di circa 27,5 miliardi di euro


21/07/2021 13:11

di Mauro Romano

Cina
Mario Boselli, presidente della Fondazione Italia-Cina

Una Cina che continua a puntare sui consumi interni, dove crescono gli investimenti stranieri e che fa registrare all’export Made in Italy un balzo del 55% nel primo quadrimestre del 2021. È il ritratto che emerge dal XII Rapporto annuale “Cina 2021. Scenari e prospettive per le imprese”, pubblicato dalla Fondazione Italia Cina.

La Repubblica popolare rappresenta ancora la nona destinazione per l’export italiano con una quota, in crescita nel 2020, del 3,0%. In un confronto fra il 2011 e il 2020 l’Italia è inoltre cresciuta rispetto agli altri Paesi europei membri nel tessile, negli articoli in pelle e cuoio, ovvero le due voci di cui rappresenta il principale partner di Pechino all’interno dell’Unione europea, con oltre un terzo degli scambi. Sempre in ambito europeo, nel 2020 la quota italiana è cresciuta nei prodotti chimici, negli articoli in metallo, nella tecnologia nucleare e, in minima parte, nei mezzi di trasporto.

Il deficit commerciale dell’Italia ha mostrato nel 2020 un’ulteriore riduzione, passando da 12,15 miliardi di dollari nel 2018 a 11,9 miliardi nel 2019 e a 10,7 miliardi nel 2020. Esiste tuttavia una forte differenza tra i dati delle Dogane cinesi e le rilevazioni dell’Istat per quanto riguarda i valori di interscambio tra Cina e Italia. Secondo la fonte italiana, per l’anno 2020 si segnalano un valore di 12,8 miliardi di euro dal lato delle esportazioni italiane verso la Cina e di 32,1 miliardi di euro per le importazioni.

Sempre secondo i dati delle Dogane cinesi, l’interscambio commerciale tra Italia e Cina ha subito forti ripercussioni durante il primo trimestre del 2020, con un calo dell’import italiano di prodotti cinesi, rispetto al 2019, del 17,5% e un calo del 9,7% per quanto riguarda l’export italiano verso la Cina. Nel dettaglio, l’import italiano ha registrato il calo più drastico tra gennaio e febbraio, passando da 3,1 miliardi di dollari a 950 milioni. L’export italiano in Cina, invece, dopo un calo più moderato nel primo trimestre, ha registrato nel secondo semestre un calo del 16,0% rispetto al 2019.

Nonostante la crescita negativa dei primi due trimestri, a partire da giugno l’interscambio ha ripreso a crescere a ritmi elevati. L’import italiano, infatti, ha raggiunto il primo picco di 3,2 miliardi a luglio 2020 e di 3,4 miliardi a gennaio 2021, con un tasso di crescita nel quarto trimestre del 9,72% rispetto allo stesso periodo del 2019. Anche l’export italiano in Cina ha avuto una notevole ripresa con tassi di crescita del 14,3% nel terzo trimestre e del 25,2% nel quarto, mentre il picco di prodotti Made in Italy è stato raggiunto a settembre per un valore di 2,5 miliardi di dollari.

 “La Cina è già, e lo sarà ancor più nei prossimi anni, uno dei grandi protagonisti della ripresa post Covid-19”, si legge nella prefazione firmata dal Presidente della Fondazione Italia Cina, Mario Boselli, “Sappiamo bene che quanto accade lì ha effetti immediati e profondi anche sugli altri Paesi e siamo sicuri che la ripartenza cinese sarà ben presto seguita da una ripartenza a livello mondiale. Abbiamo bisogno di essere pronti per quanto accadrà a breve termine, quando ripartiranno quelle iniziative e quegli eventi che ci permetteranno di interagire di nuovo con un mercato così promettente”. 

Guardando agli investimenti italiani in Cina il rapporto stima che a fine 2019 le imprese cinesi a partecipazione italiana fossero circa 1.700, con 170 mila addetti e un giro d’affari riferito a quell’anno di circa 27,5 miliardi di euro. Si contano inoltre poco meno di 500 imprese a capitale italiano domiciliate ad Hong Kong, con quasi 20 mila addetti e un giro d’affari di 9,5 miliardi di euro. Bisogna sottolineare come una parte non trascurabile di questo fatturato derivi da attività di trading da e verso consociate cinesi. Nella direzione opposta le aziende partecipate da gruppi cinesi erano 320 e 228 di Hong Kong.

Il riferimento, specifica il rapporto, è all’investitore ultimo. Dunque, nel caso non infrequente di partecipazioni detenute da gruppi cinesi attraverso società di Hong Kong, l’investimento è attribuito alla casa-madre cinese. Le imprese italiane partecipate da tali gruppi sono in tutto 906, con circa 43.400 dipendenti complessivi e un giro d’affari (riferito al 2019) di 28 miliardi di euro. In particolare, le 620 imprese italiane a
partecipazione cinese occupano oltre 31.100 dipendenti, mentre il loro giro d’affari supera i 19 miliardi di euro; le 286 imprese partecipate da multinazionali di Hong Kong occupano invece quasi 12.300 dipendenti e il loro giro d’affari sfiora i 9 miliardi di euro. (riproduzione riservata)


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