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Politica

L'anno del topo apre lo sviluppo del nuovo ventennio in Cina

A vent'anni dall'ingresso del Dragone nella Wto, la cui commissione arbitrale è attualmente bloccata, c'è la necessità della ridefinizione del modello di sviluppo per ripristinare alcuni fondamentali nell’economia mondiale che possano permettere crescita compatibile. Tuttavia l'aumento dell'inflazione in Cina potrebbe preludere a un rallentamento interno


30/12/2019 13:47

di Marco Leporati*

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Se il 25 dicembre è il giorno di Natale per gli occidentali secondo la storiografia e l’iconografia religiosa, il 25 gennaio 2020 sarà la data del nuovo Capodanno cinese seguendo il calendario astrologico delal tradizione. Per conciliare alla cinese questi due momenti, Suning, uno dei maggiori retailer fisici e online del Dragone, attuale proprietaria della catena Carrefour, ha esposto nei suoi punti vendita gli addobbi e le illuminazioni natalizie in contemporanea con quelle del Capodanno cinese dominate dai tradizionali colori rosso e oro.

E, come in ocidente, il ciclo storico religioso si apre la sera del 24 dicembre per chiudersi con il 6 gennaio, data dell’Epifania, così il 24 gennaio aprirà il ciclo del calendario cinese del nuovo anno per poi chiudersi quindici giorni dopo con la corsa dei conigli illuminati secondo l’antica consuetudine a Shanghai nella città vecchia.

Quest'anno la coicidenza di questi due momenti temporali che trovano le ragioni nella storia di due grandi civiltà rappresentano anche la chiusura del primo ventennio dell’anno duemila.

Per la Cina questa chiusura acquista maggior significato se si analizza la sua crescita e che cosa è avvenuto in questi vent’anni che l’hanno resa protagonista nella geopolitica e nel commercio internazionale.

Per dovere di cronaca, occorre ricordare che l’anno duemila si chiudeva in Cina con una crescita del pil dell'8,5%, proseguiva con un diagramma ascensionale  che ha sfiorato nei momenti d’oro il 14,2% nel 2007 per poi ricadere e chiudere il 2019 con una crescita del 6,2%.

L’impatto più forte nel ventennio è stato quello creato dalla War Trade, iniziata circa diciotto mesi orsono dagli Stati Uniti e forse mitigato in questi ultimi giorni da un riavvicinamento delle posizioni con una iniziale e timida apertura di Trump.

Trump ha evitato l’entrata in vigore di nuovi dazi a partire dalla metà di dicembre in cambio di consistenti acquisti da parte della Cina di prodotti alimentari, in particolare di carne congelata di maiale di cui vi è una necessità impellente di approvvigionamento anche in vista delle celebrazioni del Capodanno.

Come passaggio successivo, il presidente americano ha annunciato a breve la firma di un nuovo accordo e la Cina ha ridotto contemporaneamente i dazi per 860 prodotti importati di cui una buona parte riguarda quelli americani.

Va anche ricordato che l'anno 2000 aveva suggellato l’accordo di entrata della Cina nel Wto, la World trade organization, ma, paradossalmente oggi, è impossibile la discussione delle regole in relazione a quelle contenute nei trattati unilaterali, a causa delle dimissioni di due giudici su tre della Commissione arbitrale. Inoltre è venuta a mancarne la spinta propulsiva che aveva suggellato l'inizio del ventunesimo secolo.

In Cina il 2020 celebrerà il ritorno, nel ciclo zodiacale, dell’anno del topo, il primo animale che aveva vinto la gara ideata dall’Imperatore di Giada, suprema autorità della deità taoista, per disciplinare la competizione tra i dodici animali. E come per il ritorno del topo si sente il bisogno di un giro di boa per ripristinare alcuni fondamentali nell’economia mondiale che possano permettere uno sviluppo logico e compatibile.

Superato il ciclo che fondava i principi economici sulla “teoria dei vantaggi comparati”, cara a David Ricardo, l'economista inglese capofila della scuola classica, rielaborata da Paul Samuelson, sarebbe auspicabile che Stati Uniti e Cina riprendessero una propria posizione win win per giungere a un equilibrio dell’aspetto produttivo, considerando le diverse specificità dei rispettivi mercati del lavoro e geopolitico al di là delle questioni dei rispettivi livelli tecnologici.

Ci troveremmo quindi di fronte a due scenari antagonistici ma complementari per il futuro dell’economia mondiale: da un lato il venir meno e la perdita di efficacia della funzione dirimente del Wto basata proprio sul denegare trattamenti di favore con uno o più Stati – la tanto conclamata clausola della nazione più favorita; dall’altro a un tentativo da parte della Cina di autoregolamentare le importazioni da moltissimi Paesi del mondo inclusi i 23 con i quali ha stabilito trattati commerciali (Asean, TPP trade).

Non è prevedibile, tuttavia, se questo combinato disposto possa facilitare l’entrata in Cina di una maggiore quantità di beni per incrementare i consumi interni oppure, a fronte di un costo della vita elevato con una inflazione del 4,5% vi sia, dopo il Capodanno cinese, un sistematico rallentamento interno.

Un altro aspetto riguarda la produzione cinese che in questi ultimi anni ha avuto indiscutibilmente un incremento di costo per unità di prodotto che, insieme alla Trade War,  ha spinto i Paesi importatori, USA in primo luogo, a preferire i prodotti provenienti da Vietnam ed altri Paesi del Sudest asiatico.

Per quanto riguarda l’Italia un tenue elemento di novità è stata la decisione di Haier di riportare nel Belpaese la produzione del bianco in particolare delle lavatrici.

Tutte queste dinamiche incrociate ci potrebbero offrire, dopo il Capodanno cinese, caratterizzato dall’anno del topo, uno scenario alla Bauman di “società liquida” sempre peraltro sottoscacco con le problematiche del climate change per il momento molto conclamate ma non prese in seria considerazione.

* managing director a Shanghai di Savino Del Bene, azienda di trasporti internazionali e logistica. Vive e lavora in Cina da oltre 25 anni


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