L'Italia accelera i tempi per entrare nel progetto della Belt and Road Initiative (Bri). Secondo quanto riporta il Financial Times, il governo sta per firmare un memorandum d'intesa per entrare a far parte del progetto avviato da Pechino già entro la fine di marzo, una mossa che ha suscitato reazioni critiche dagli Stati Uniti.
«La trattativa non è ancora finita, ma è possibile che si concluda in tempo per la visita del presidente cinese Xi Jinping in Italia, prevista per fine mese», ha riferito il quotidiano inglese citando Michele Geraci, sottosegretario al ministero dello Sviluppo economico italiano. Geraci conosce bene la Cina, avendo trascorso gli ultimi dieci anni a insegnare finanza in diverse università (University of Nottingham Ningbo China, New York University Shanghai e Università dello Zhejiang).
La notizie era stata riportata ieri anche nell'articolo di Marco Marazzi, presidente di Easternational e partner di Backer & McKenzie, pubblicato su questo sito.
Tuttavia gli Stati Uniti sono molto scettici sul fatto che il progetto possa aiutare lo sviluppo dell'Italia. «Consideriamo la Bri come un'iniziativa fatta dalla Cina, per la Cina», ha riportato il FT citando Garrett Marquis, portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale della Casa Bianca.
La Belt and Road Initiative, promossa dal presidente Xi, mira a collegare Pechino via mare e via terra con l'Asia centrale e orientale, il Medio Oriente, l'Europa e l'Africa, attraverso una rete di infrastrutture riprendendo la vecchia Via della seta. Oltre a potenziare il commercio e gli investimenti, Xi mira a incrementare gli scambi in settori come la scienza, la tecnologia, la cultura e l'istruzione.
Anche Bruxelles pare fredda sull'iniziativa, teme che l’Italia si presti per il ruolo di cavallo di Troia in Ue, visto che la situazione del commercio Ue-Cina è piena di opportunità ma anche, pare, di insidie. Lo ha spiegato ieri in un'intervista al sito eunews.it Jonathan Holstag, docente di politica internazionale all’università di Bruxelles, consigliere del primo vicepresidente della Commissione europea, Frans Timmermans e autore del libro "La trappola della via della seta: come le ambizioni cinesi sfidano l’Europa".
Ci sono sei aspetti dove l’Ue aspetta da anni progressi, ovvero riequilibri economici domestici, riequilibro delle disparità nel commercio bilaterale, parità di condizioni per gli investitori, parità di condizioni nello scambio di proprietà intellettuale, concorrenza leale, regole commerciali più liberali. In nessuna di queste aree, spiega Holstag, che ha parlato anche davanti al Parlamento europeo, si registrano miglioramenti significativi. C’è qualche "timida" apertura del mercato nazionale, ma nel complesso "non ci sono indicazioni di progressi".
Questa tesi contrasta, tuttavia, con l'enfasi posta dal governo cinese sull'apertura del mercato interno ai produttori occidentali, che si concretizzera il prossimo novembre nella seconda edizione dell'Expo di Shanghai sulle importazioni in Cina, una vetrina globale che vuole sensibilizzare il pubblico cinese e i produttori sul valore delle merci occidentali.