Che la Cina sia considerata in Europa come un concorrente strategico, oltre che un partner commerciale, è ormai assodato. L'Unione europea cerca ora di difendere il proprio peso nella competizione globale con Pechino. Per farlo il Consiglio della Ue intende sollecitare la Commissione presieduta da Ursula von der Leyen affinché i prossimi nove mesi siano dedicati ad individuare una serie di progetti ad alto impatto e visibilità capaci di proporsi come alternativa alla Belt & Road Initiative, il progetto infrastrutturale e di connettività euroasiatica lanciato dal presidente cinese Xi Jinping nel 2013.
Secondo quanto riporta Politico.eu, di contro-via della Seta si parla in una bozza delle conclusioni del Consiglio dei ministri degli Esteri in calendario lunedì 12 luglio, che tra i temi di confronto avrà sia la «bussola strategica» dei 27 sia come favorire un'Europa «connessa a livello globale». Il documento sottolinea come altre grandi potenze mondiali abbiano già messo a punto progetti e strumenti per migliorare la propria connessione con il resto del pianeta. Già in occasione dell'ultima riunione del G7 in Cornovaglia era emersa l'esigenza di mettere a punto iniziative improntate alla sostenibilità e alla democrazia, capaci di fare da cuscinetto all'attivismo internazionale della Repubblica popolare per espandere la propria rete marittima ed energetica.
La proposta che potrebbe emergere lunedì prova a fare un passo avanti. L'intenzione è andare oltre i progetti di euro-asiatica pensati nel 2018. Si guarda pertanto all'Africa e all'America Latina. Nella bozza di conclusioni si fa quindi riferimento alla necessità di mettere in campo adeguati strumenti finanziari per favorire gli investimenti, coinvolgendo gli Stati membri, la Banca europea per gli investimenti, nonché la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo. La notizia dell'iniziata alternativa alla Belt & Road segue di due giorni il vertice trilaterale in video conferenza tra il presidente francese Emmanuel Macron, la cancelliera tedesca Angela Merkel e il presidente cinese Xi Jinping.
Quest'ultimo ha sollecitato «maggiore collaborazione» ed esortato la Ue a una maggiore autonomia. Gli ultimi mesi hanno infatti segnato un solco tra Bruxelles e Pechino. Pesa in particolare lo stallo nella ratifica dell'Accordo bilaterale sugli investimenti, congelato dal Parlamento europeo fino a quando la Cina non revocherà le sanzioni contro gli eurodeputati, imposta come rappresaglia per le limitazioni decise dall'Europa contro funzionari governativi cinesi considerati coinvolti nella repressione della minoranza uigura nello Xinjiang. A inizio maggio la Ue si è inoltre mossa per alzare lo scudo contro gli aiuti pubblici ad aziende extra-europee.
La Commissione Ue ha infatti presentato una proposta legislativa per dotarsi di un nuovo potere di veto sullo shopping statale. L'obiettivo è evitare che i sussidi possano distorcere la concorrenza nel mercato interno, consentendo di presentare offerte fuori mercato per comprare aziende europee o per vincere bandi di amministrazioni comunitarie. Misure che sembrano avere come obiettivo principale le imprese d'oltre Muraglia. Secondo gli ultimi dati diffusi dal centro studi tedesco Merics e dal Rhodium Group, nel 2020 gli investimenti diretti dalla Repubblica popolare verso l'Unione europea a 27 e il Regno Unito si sono quasi dimezzati, da 11,7 miliardi di euro nel 2019 a 6,5 miliardi di euro. (riproduzione riservata)