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Politica

La Cina liberalizza l'e-commerce cross border per i piccoli pacchi

Il provvedimento, in vigore dal 15 dicembre, interesserà un'enorme platea di pmi, che nei primi sei mesi di quest'anno è stata valutata in 100.000 aziende con oltre 1.000 centri cross border e 1.800 depositi fuori dalla Cina. La mossa delinea una strategia opposta a quella seguita dall'Europa e dagli Stati Uniti


12/12/2024 16:00

di Marco Leporati*

settimanale

L'amministrazione cinese della dogane ha stabilito che dal prossimo 15 dicembre verranno eliminati alcuni requisiti per le spedizioni di piccoli colli nel servizio cross-border e-commerce, con l'obiettivo di alimentare nuove opportunità per i giovani.

Solo in apparenza di secondaria importanza, questo provvedimento di inserisce nella multiforme azione del Governo di Pechino per creare nuove condizioni per favorire il ritorno di uno sviluppo che concili il target della linea rossa del 5% con le reali necessità della popolazione.

Fino a qualche anno fa, infatti, la politica cinese relativa all’e-commerce aveva agevolato e favorito grandi gruppi come Temu, TikTok, Alibaba, Shein con lo scopo di contrastare la potenza di Amazon. Oggi invece si tende a privilegiare questa attività circoscritta a piccole e medie imprese.

Già il mese scorso il Ministero del Commercio aveva emanato alcune norme, relative all’ottimizzazione delle strutture fisiche del commercio, la materia dei visti e l’aspetto finanziario, per favorire la crescita economica attraverso il commercio estero, pilastro essenziale ed imprescindibile dell’economia cinese.

Il presupposto è quello di creare o, meglio, incrementare piattaforme logistiche all’estero per il commercio cross-border, piattaforme intelligenti che possano diminuire i costi di trasporto e quelli di deposito. Per le piccole e medie imprese due sono le condizioni che dovranno essere riviste: la prima è quella dei finanziamenti agevolati, l’altra concerne una sorta di copertura per il rischio di cambio.

L'attenzione per il settore e-commerce è confermata dal fatto che, nell’ambito dei diversi clusters industriali, sono state create 165 cross-border e-commerce zone pilota all’interno del territorio cinese e altri centri pilota all’estero in 20 città per il ritiro dei pacchi. Il risultato è che nei primi nove mesi dell’anno l'attività, sommando import ed export, è cresciuta dell’11,5 %.

L'autorità doganale ha ottimizzato ed integrato le decisioni del Mofcom con disposizioni specifiche, in particolare cancellando la richiesta di presentare da parte dell’imprese esportatrice, la documentazione per l’utilizzo dei centri logistici operanti all’estero.

In aggiunta sono state designate dodici autorità doganali, incluse quelle di Shanghai e Hangzhou, che potranno effettuare, prima della spedizione, una pre-ispezione delle consolidate in bulk e non più per i singoli pacchi facilitando, dopo il risultato ispettivo, la spedizione stessa in container o in pallet aereo. Anche la documentazione pertinente la spedizione consterà di meno informazioni.

L'impatto di queste misure non è secondario dal momento che nel primo semestre di quest'anno sono state conteggiate oltre 100.000 aziende con oltre 1.000 centri cross border e 1.800 depositi all’estero. Inoltre un secondo indiretto beneficio potrebbe nascere dal creare occupazione soprattutto per giovani cinesi che hanno studiato all’estero e ivi residenti che non avrebbero sbocchi occupazionali in Cina visto il tasso di disoccupazione che si mantiene ancora sul livello del 17,1% per la fascia tra i 16 ed i 24 anni.

Questa attività di cross border ha creato nel corso degli ultimi anni oltre 80 milioni di occupati non sempre a contratto indeterminato ma caratterizzati da una certa flessibilità lavorativa.

Il cross border e-commerce nel totale dell’export ha rappresentato a valore il 2,39 % ed è cresciuto in maniera significativa dal 2020 quando sempre a valore valeva un millesimo della quota attuale, boom determinato dagli anni della pandemia.

Se questo, in estrema sintesi, è l’action plan cinese in materia di cross border e-commerce, le avvisaglie americane ed europee in materia vanno in una direzione contrapposta. L'amministrazione Biden aveva proposto, lo scorso settembre, di assoggettare a tassazione questa tipologia di spedizioni eliminando il concetto “de minimis shipment”, ovvero l’esonero fiscale sino al valore di 800 dollari.

L’Europa è su posizioni marginalmente più restrittive volendo definire in futuro una tassa per acquisti superiori a 150 euro con soglia di esenzione per importi inferiori. In particolare in Italia, per un problema di evasione di Iva su questa tipologia di attività si sta pensando a un deposito di 50.000 euro per coloro che operano nel settore.

Inoltre è stato posto in evidenza la questione della sicurezza dei prodotti il cui livello di non conformità con la normativa europea è aumentato del 50% nel 2023 in particolare per 3.400 prodotti. Il totale importato in Europa è stato fino al mese di novembre di 4 miliardi di pacchi, il triplo del 2022.

Questa controversia dovrebbe essere oggetto di discussione all’interno del Wto, l'Organizzazione mondiale per il commercio, che, dopo l’exploit degli anni 2000, è diventato praticamente amorfo, soprattutto per carenze organizzative. Trovare una conciliazione soddisfacente per le parti in causa sarà praticamente impossibile, nella tempesta politico-economica di questo ultimo anno. (riproduzione riservata)

*presidente di Savino del Bene Shanghai Co. Vive e lavora a Shanghai da 30 anni


 


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