Nella Grande Sala del Popolo di Piazza Tian’anmen, si è aperta ieri la seconda sessione della XIII Assemblea Nazionale del Popolo. Si tratta di un evento molto atteso dagli osservatori internazionali, dato che durante questo consesso emergono importanti indicazioni sulla politica interna ed estera di Pechino. Di fronte a una platea di quasi 3 mila deputati giunti da tutta la Cina, il premier cinese Li Keqiang ha presentato, come di consueto, il rapporto sul lavoro del governo, un documento che permette di decifrare la direzione verso cui sta procedendo la Repubblica Popolare.
Quest’anno i riflettori sono puntati soprattutto sul nuovo disegno di legge relativo alla disciplina degli investimenti esteri in Cina, un provvedimento che ha l’obiettivo di aprire ulteriormente il mercato cinese alle imprese straniere, favorendo la cooperazione internazionale.
La comunità d’affari italiana ed europea ha commentato la bozza della legge, cercando di portare alcune istanze migliorative. «Non dimentichiamo che noi partiamo comunque da un presupposto un po’ diverso», afferma il presidente della Camera di Commercio Italiana in Cina, Davide Cucino. «Avremmo preferito che si affrontasse la questione degli investimenti in maniera generale, senza differenziare un investimento straniero da uno domestico. Tuttavia, abbiamo notato che c’è da parte cinese l’intenzione di lavorare molto sull’apertura di nuovi settori».
Dello stesso parere sembra anche il giurista italiano Stefano Porcelli, professore presso la China University of Political Science and Law e profondo conoscitore del mondo giuridico cinese, il quale però sottolinea che si tratta «senz’altro di una tappa importante che va salutata con favore ed è altresì probabile che altri interventi in direzione di una maggiore apertura saranno poi compiuti nei prossimi tempi».
Due tasselli importanti di questa legge sono la tutela dei diritti di proprietà intellettuale degli investitori stranieri e delle imprese a partecipazione straniera e l’inasprimento delle norme che proibiscono il trasferimento tecnologico forzato, con la cessione di know-how e tecnologie ai partner cinesi.
All’apertura dei lavori sono anche stati svelati gli obiettivi di crescita per l’anno in corso: il governo cinese ha reso noto che prevede una crescita economica compresa tra il 6 e il 6,5%. Sempre sul fronte economico, il premier cinese ha ribadito la necessità di sprigionare nuove forze motrici per la crescita. Inoltre, per migliorare la qualità e l’efficienza del suo sviluppo, la Cina continuerà a promuovere interventi dal lato dell’offerta, incentrati, tra le altre cose, sulla riduzione della sovraccapacità produttiva e della leva finanziaria. Annunciati anche tagli delle tasse per imprese e cittadini. Nel comparto manifatturiero l’aliquota passerà dal 16 al 13%.
Nell’anno che precede la deadline fissata dal governo entro cui «edificare sotto tutti i profili una società moderatamente prospera», la leadership cinese ha deciso di varare un robusto pacchetto di misure volte a rafforzare ulteriormente la sua battaglia contro la povertà. Un concetto fondamentale, in tal senso, è quello coniato nel novembre 2013 dal presidente Xi Jinping: durante un’ispezione nella provincia dello Hunan, il segretario generale del Comitato Centrale del Pcc parlò per la prima volta di lotta mirata alla povertà.
Secondo il capo di Stato cinese, combattere la povertà con politiche e azioni mirate permette di fronteggiare fenomeni come l’appropriazione indebita o la realizzazione di progetti con l’intenzione di agevolare esclusivamente la propria carriera. Grazie ai provvedimenti adottati dal governo cinese, oltre 60 milioni di poveri si sono sollevati stabilmente dalla miseria, con l’incidenza della povertà scesa al di sotto del 4%. Enfasi è stata data anche alla lotta alla corruzione, dove i legislatori cinesi definiranno un nuovo piano per rafforzare la legislazione in materia.
Un altro tema centrale su cui la leadership cinese continua a prestare grande attenzione è la Belt and Road Initiative, un progetto ricco di potenzialità che sembra poter offrire molte opportunità all’Italia: «Seppure in ritardo rispetto ad altri Paesi, l’Italia si sta ritagliando un ruolo di primo piano nella Bri, come confermato dalla partecipazione del premier Paolo Gentiloni, unico leader del G7 presente all’evento, al Belt and Road Forum del maggio 2017 a Pechino e dall’attuale Governo italiano, attraverso la costituzione di una Task Force China», ha osservato Matteo Bressan, direttore dell’Osservatorio per la stabilità e la sicurezza del Mediterraneo allargato presso l’Università Privata Lumsa di Roma.
«Sotto il profilo ferroviario, la piccola cittadina di Mortara, in provincia di Pavia, ha visto partire il 28 novembre del 2017 il primo convoglio ferroviario di merci diretto a Chengdu, impiegando circa 18 giorni a fronte dei 60 che se ne impiegano via mare», continua Bressan. «Mortara, grazie agli 87 milioni di investimenti della Fondazione Banca del Monte di Pavia e della partnership con il colosso Changjiu Logistic, ha sviluppato dal nulla un polo logistico, esteso ben 700 mila metri quadrati, divenuto nel giro di pochi anni uno dei top ten per l’intermodalità ferro-gomma con oltre 50 mila container transitati ogni anno».
A pochi mesi dal 40esimo anniversario dell’avvio della politica, rivelatasi lungimirante, lanciata da Deng Xiaoping alla fine degli anni 70, le parole chiave che continuano a guidare la narrazione della leadership cinese rimangono riforma e apertura.