Con l’affanno e l’ansia dell’inflazione che marcia a ritmi sostenuti (8,6% a maggio, la più alta degli ultimi quarant’anni) e della scadenza di novembre del midterms election, Joe Biden si è avventurato nei meandri spinosi della logistica parlando recentemente al telefono con i rappresentanti di società della grande distribuzione e di altrettanto importanti agricoltori.
Uno degli intervenuti, Hal Lawton, presidente e ceo della Tractor Supply Company, ha esordito affermando che “nel 2020 pagavamo un nolo di un container 3.500 dollari mentre nell’autunno dello scorso anno il costo del nolo era aumentato tra 20.000 e 25.000 dollari”.
Biden ha immediatamente replicato che ”è scandaloso che i noli siano aumentati del 1000% a causa di un manipolo di compagnie marittime che controlla il mercato”.
La disputa concerne una delle tratte più trafficate degli oceani ovvero quella del transpacifico dall’Asia ed in particolare dalla Cina verso gli Stati Uniti e Biden ha enfatizzato reiteratamente che “vi sono solo nove compagnie marittime che muovono containers dall’Asia agli Stati Uniti”.
Infine il Presidente ha richiamato il Congresso ad approvare una parte della legislazione emendando il disegno di legge dell’Ocean Shipping Reform Act del 2021 per porre un parziale rimedio a questa situazione con la speranza che verrà votato dai due schieramenti quanto prima.
Per capire bene il senso della disputa occorre ricordare che dal secondo semestre del 2020 in Cina la domanda di beni era ricominciata a crescere a seguito della mancanza di stock in Occidente e anche il mercato dei noli, eccetto alcuni limitati periodi, ha subito un’impennata come lamentato dall’imprenditore americano.
A conferma di questo andamento, a prima vista contradditorio con le modalità dei lockdown cinesi, gli ultimi rilevamenti, pubblicati qualche giorno fa, dimostrano che l’export dalla Cina ha totalizzato un 16,9% in più rispetto al maggio del 2021 per un totale di 309 miliardi di dollari ed è cresciuto rispetto al dato di aprile che aveva registrato un solo 3,9% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente.
La parte del leone è relativa al traffico di container che negli otto maggiori porti cinesi si è incrementato del 13% anno su anno, secondo il rapporto della China Ports and Harbours Association. Di questo incremento, il 15,7%, pari a 52 miliardi di dollari è derivato dalla rotta transpacifica.
La Cina, come un testimone attento, sta ad osservare e durante la telefonata con Biden non è mai stata nominata. Il presidente Usa ha fatto ricadere tutte le colpe sulle nove compagnie marittime che con un oligopolio stringente non lasciano spazio ad altre iniziative commerciali. Nel passato esistevano sul mercato più compagnie di navigazione che sono state inglobate negli attuali vettori o hanno chiuso i battenti per bancarotta.
A questo riguardo la Storia ci ricorda che nel 1961 era stata costituita a Washington la Federal Maritime Commission quale costola dello Shipping Act del 1916, emanato dopo la Grande guerra, con il compito di regolare ed investigare i metodi e le pratiche delle compagnie marittime: una specie di garante verso il quale ogni compagnia aveva l’obbligo di comunicare i noli e le loro periodiche variazioni non appena fosse stato sottoscritto un contratto con un cliente che nell’andamendo degli anni successivi poteva essere uno spedizioniere o un BCO (Beneficial Cargo Owner) cioè un cliente diretto con ingenti volumi da trasportare annualmente che utilizza una propria organizzazione logistica.
La stessa Commissione nello scorso anno aveva deliberato che la causa degli aumenti dei noli non era da ravvisarsi nelle decisioni più o meno arbitrarie delle compagnie stesse ma dai costi accessori dovuti alla mal gestione dei porti per ragioni endogene quali l’insufficienza degli chassis (container vuoti da riposizionare per carichi futuri, problemi di spazi nei magazzini e container abbandonati con problemi di smaltimento) oltre alle inefficienze dei trasporti domestici.
Tutto ciò con l’incremento dei volumi ha generato costi straordinari per i clienti sia di controstallie, ovvero le permanenze dei container all’interno dei terminal oltre i periodi di franchigia concordati con la compagnia marittima, sia per le soste oltre i termini fuori dal porto.
Molti di questi costi sono stati assorbiti dalle compagnie marittime per aiutare la clientela compensata poi dall’incremento dei noli.
Nello stesso tempo con una iniziativa unilaterale della sua Amministrazione, Biden ha reso noto una sua disponibilità attraverso la dichiarazione di Sara Bianchi, Deputy US Trade Representative, a considerare “tutte le opzioni” per rivedere le tariffe includendone la cancellazione di alcune per “ottenere un struttura tariffaria che abbia senso” in una logica di contrasto a quanto imposto dall’amministrazione Trump sui prodotti cinesi importati.
Gli obiettivi prefissati da Trump nel 2018-19 non hanno dato i risultati sperati sia in particolare per la ricollocazione (reshoring) di attività produttive nel proprio Paese, fatto salvo in minima parte per il comparto dei semiconduttori, sia per la diversificazione della supply chain verso altri siti produttivi che non fossero la Cina.
A corollario la valuta cinese sta migliorando la sua performance sul mercato dei cambi nel confronto del dollaro americano con la diretta conseguenza che la crisi asimmettrica è ritornata nel campo di Biden.
Ancora una volta il tentativo di smantellamento del fenomeno globalizzazione, nonostante pareri contrastanti, non riesce a fare breccia anche perché è soverchiato da specifici fattori contingenti, criticità finanziarie e inflazione che, accanto alle carenze energetiche ed alimentari, mettono a nudo le pesanti problematiche di questi giorni. (riproduzione riservata)
*managing director a Shanghai di Savino Del Bene, azienda di trasporti internazionali e logistica. Vive e lavora in Cina da oltre 25 anni