La tappa palermitana del viaggio in Italia del Presidente Xi Jinping, voluta e sponsorizzata dal Sottosegretario Michele Geraci, mi fa tornare con la memoria all’agosto del 2010 quando, in occasione dell’Expo tenutasi a Shanghai, nel Padiglione italiano si susseguivano a ritmi frenetici interessanti attività e mostre al fine di offrire a tutti i visitatori, prevalentemente cinesi, un Italia unica e ricca di storia, cultura ed imprenditoria.
Nella Sala delle Regioni del Padiglione Italia venne inaugurata il 16 agosto la mostra ideata e curata dalla Regione Sicilia: “L’evoluzione storica della qualità della vita urbana dal passato remoto al futuro prossimo”.
E, nel contesto di Unesco sites, Vittorio Sgarbi tenne un’affascinante lecture la cui digressione sui luoghi italiani patrimonio Unesco comprendeva un momento particolare relativo all’esposizione del “Tesoro di Morgantina” costituito da sedici pezzi di raffinata fattura in argento dorato, risalenti al III- I sec. a.C. e ritrovato nel territorio di Aidone, in provincia di Enna, mezzo secolo fa.
L’esposizione ebbe un notevole successo ed anche per il sottoscritto fu una scoperta di estremo interesse e curiosità. Infatti la storia ci narra che Morgantina,una delle città fiorenti della Magna Grecia dal V sec. al I sec. a.C. e i cui manufatti risentivano delle influenze dell’artigianato siracusano, venne successivamente conquistata e saccheggiata nel 211 a.C. dall’esercito romano durante la seconda guerra punica.
Come tanti altri luoghi e città, dopo un aureo periodo, è scomparsa manu militari lasciando solo le proprie tracce nelle recondite cavità di abitazioni abbandonate e dove il tesoro è stato riscoperto e portato alla luce. A testimonianza aleggia la presenza della Dea Morgantina, una statua di scuola fidiana, oggi al museo di Aidone dopo tante tristi traversie.
Il rimando storico vuole creare un collegamento, ritrovato tra le pagine del calendario dell’anno in corso edito dal Museo storico dello Shaanxi, che conferma, come sotto l’egida della Dinastia Han ( 206 a.C. – 220 d.C.) vi sia stato un apogeo storico-culturale (il calendario presenta pagine ricche di reperti storici) nonché il controllo militare ed economico dell’Hexi Corridor, antesignano della prima Silk Road.
Possiamo quindi, senza presunzione alcuna, considerare lo sviluppo della Sicilia in questi secoli come parallelo allo sviluppo della Cina nel medesimo periodo. Tralasciando ovviamente la dimensione territoriale (il regno Han non è paragonabile all’area di Morgantina e Airone anche lambendo la costa del siracusano) entrambi hanno costituito un variegato modello di cultura, filosofia ed economia.
Ma che la Silk Road nei periodi successivi sia stata fulcro degli scambi tra l’impero romano e le nuove dinastie cinesi trova conferma in una località della provincia cinese dello Xingiang, Turpan, considerata l’oasi o meglio il caravanserraglio di questi ardui percorsi come testimoniano alcuni ritrovamenti archeologici. Oppure Yumen,al confine dell’odierno Gansu, dove i viaggiatori giungevano all’anelata Porta di Giada, eretta dal famoso imperatore Wudi nel 12 a.C.
A tal proposito, il romanzo di Valerio Massimo Manfredi, L’Impero dei draghi, ci porta tra realtà e fantasia, seguendo la Via della seta, sino alla città di Luoyang, capitale del regno Wei, in una vicenda avventurosa di un manipolo di soldati romani dispersisi dopo una resa incondizionata nel regno persiano. A questo riguardo le testimonianze archeologiche di statue e bassorilievi con fattezze occidentali sono una conferma indiscutibile dell’ancestrale melting pot.
Dal mio punto di vista, se tornassimo a ripensare alla centralità dell’uomo dovremmo anche rituffarci nella storia con queste antiche contaminazioni che fortunatamente stanno riprendendo importanza e vigore.
Nei XVII secolo, nelle missioni di religiosi italiani, il cui capostipite è stato Matteo Ricci,sempre dalla Sicilia, sono partiti gesuiti come Prospero Intorcetta, che da Piazza Armerina è giunto ad Hangzhou, città tanto cara a Marco Polo.
Altri gesuiti, sempre siciliani, attratti dalle terra delle Indie sono stati Ludovico Buglio di Mineo, Francesco Brancati e Niccolò Longobardo. L’impegno di questi missionari siciliani non solo è stato quello di trasmettere la fede ma anche quello di integrarsi attraverso la conoscenza ermeneutica di testi cinesi tradotti in latino:sono stati quindi i primi sinologi. Preciso che, a rigor di cronaca, ho attinto queste sommarie informazioni da un interessante articolo redatto nel giugno 2017, da Amelia Crisantino.
Forse, sempre con l’occhio rivolto al passato, possiamo azzardare che vi fossero più scambi culturali e religiosi accompagnati da una profonda volontà di conoscenza che poi facilitava anche il libero commercio. Oggi, ancorché la comunicazione è veloce e diversificata ma nello stesso tempo generalista, si è tutto ridotto al semplice business che peraltro trova in questo momento grosse difficoltà di implementazione per le diverse politiche nazionali.
Questa visita palermitana potrebbe essere la base per un nuovo assetto culturale tra Italia e Cina.
* general manager di Savino Del Bene, azienda di trasporti internazionali e logistica, attiva in Cina da oltre 25 anni.