A partire dal prossimo gennaio in Asia si formerà un'enorme area di libero scambio che comprende tutte le principali economie con un enorme impatto ancora tutto da valutare. È questo l'effetto dell'annuncio da parte di Canberra, capitale dell'Australia, che il parlamento ha ratificato il cosiddetto Rcep (Regional Comprehensive Economic Partnership) che quindi avrà efficacia a partire da gennaio.
«Il RCEP entra in vigore 60 giorni dopo la ratifica da parte di almeno sei stati ASEAN e tre stati non ASEAN. Questa pietra miliare è stata raggiunta il 2 novembre scorso, con la ratifica da parte di Australia e Nuova Zelanda, che apre la strada per l'entrata in vigore del RCEP dal primo gennaio 2022», hanno spiegato in un comunicato congiunto la ministra degli Esteri Australiana Marise Payne e il ministro del Commercio Dan Tehan.
Finora ad aver ratificato l'accordo sono Brunei, Cambogia, Laos, Singapore, Thailandia, Vietnam, Australia, Nuova Zelanda, Giappone, nel maggio scorso, e Cina, in marzo.
Il partenariato punta a eliminare il 91 per cento dei dazi sulle merci, creando un'area di libero scambio che copre qualcosa come un terzo dell'economia mondiale. Tra gli obiettivi principali vi sono quelli di creare un'area di cooperazione economica, mirando ad incrementare entro il 2030 il PIL mondiale di 209 miliardi di dollari e il commercio internazionale di 500 miliardi.
In un contesto internazionale ancora caratterizzato dal confronto commerciale tra Usa e Cina, da un lato, e da Cina e India a livello regionale, il fatto che alleati degli americani stiano creando un'area di libero scambio al di fuori dagli accordi commerciali con gli Usa rischia di creare un problema per Washington.
Non solo. La Cina ha chiarito di essere interessata a unirsi a un altro accordo di libero scambio, il Comprehensive and Progressive Agreement for Trans-Pacific Partnership (CP-TPP), erede di quel TPP che gli Usa nell'era di Donald Trump hanno abbandonato e che comunque è stato portato avanti dal Giappone, potrebbe rappresentare un'ulteriore ombra sull'influenza americana nella regione dell'Asia orientale.
Il governo giapponese ha stimato che l'entrata in vigore del RCEP contribuirà a un aumento del Pil nipponico del 2,7 per cento e creerà centinaia di migliaia di posti di lavoro.
L'accordo base è stato firmato il 15 novembre scorso fra dieci paesi dell’ASEAN, insieme a Cina, Giappone, Corea, Australia e Nuova Zelanda.
«È un accordo “figlio del Covid”, e dopo 8 anni di negoziazioni, ora nel 2021 segue la spinta di accelerazione della Cina. In questo senso, costituisce una risposta alla crisi economica globale favorendo i paesi del Pacifico in una regionalizzazione degli scambi», aveva commentato Benedetto Latteri, Ambasciatore d’Italia in Indonesia e rappresentante italiano presso l’Associazione delle Nazioni del Sud-Est asiatico (ASEAN), «dall’altra parte, il peso geopolitico degli Stati Uniti diminuisce, confermando un trend in calo che si stava delineando già da tempo. La Cina è il paese che beneficia di più di questo accordo, data la sua preponderanza economica e i numerosi investimenti esteri stimolati dalla BRI. Mirava da tempo ad una integrazione economica e commerciale per un maggiore coordinamento sulla BRI». (riproduzione riservata)