Come sono lontani i tempi in cui ad Hong Kong veniva inaugurata l'ardita, per allora, torre della Bank of China che svettava sulla baia di fronte all’imbarcadero del vecchio Star Ferry che collegava ogni mezz’ora Kowloon con l’Isola.
La torre era stata progettata dal famoso architetto cinese Ming Pei, spentosi lo scorso anno di questi tempi, una laurea al MIT, naturalizzato in America dove aveva realizzato “alcuni dei progetti più belli di questo secolo”, come si motivava in occasione dell’assegnazione del famoso premio Priztker nel 1982.
La torre della Bank of China ha simbolizzato anche l’avamposto di quello che sarebbe avvenuto il 1 luglio del 1997 quando Hong Kong ritornò sotto la giurisdizione cinese dopo essere stata colonia inglese dalla Guerra dell’oppio, ovvero per 150 anni.
Oggi invece Pechino vagheggia l’idea di creare un'alternativa a Hong Kong concentrando tutte le attività sull’isola di Hainan, centro ideale della Cina nel mare meridionale.
Dell’isola di Hainan avevo scritto lo scorso anno in occasione del Boao Furum Asia durante il quale, durante uno dei tanti panel, era stato presentato il progetto di Hainan quale nuova Free Trade Zone in aggiunta alle altre già esistenti ed operative all’interno del territorio cinese.
Una delle questioni formalmente aperte per le Free Trade zone cinesi è sempre stata il gradiente di libertà nel movimento dei capitali e delle merci in quanto le due pietre di paragone erano rappresentate da Singapore e, appunto, Hong Kong.
Si è visto infatti nel corso di questi anni che il volano dell’implementazione di nuove procedure, in particolar modo nella Free Trade Zone di Shanghai si è mosso a rilento e comunque mai con la totale libertà esistente a Singapore ed Hong Kong.
Oggi, però i fattori esogeni relativi alla pandemia, alla crisi economica mondiale e alla geopolitica stanno costringendo a ridisegnare il futuro dell’assetto mondiale e quanto è stato disvelato qualche giorno fa rappresenta, almeno sulla carta, un piano antagonista di sviluppo per il futuro della Cina, stabilendone l’epicentro ad Hainan.
In realtà, la decisione di trasformare ed attribuire ad Hainan lo status di Free Trade Port era nata nel 2018 durante il Forum di Boao. Da centro turistico, nato negli anni novanta, si voleva ampliare l’area di interesse creando un centro di eccellenza dove sarebbero dovuti confluire laboratori di ricerca medicale e cliniche specialistiche con una certa attrattività per le multinazionali farmaceutiche.
Inoltre per la posizione costiera, un altro settore che era stato individuato era quello dell’industria cantieristica cui faceva da contrasto sinergico la creazione di un polo aeronautico che poteva beneficiare della presenza attiva della Hainan Airlines, a quel tempo con mire espansionistiche fuori dalla Cina attraverso acquisizioni nel settore dell’hospitality in Europa, in Spagna in particolare, poi successivamente dismesse.
L’allora Governatore di Hainan, aveva elaborato, di concerto con il Governo centrale, il concetto di centralità dell’isola come “Punto di sviluppo” nel mare meridionale della Cina.
Haikou, la capitale di Hainan doveva diventare l' hub aereo di tutta l’Asia con un secondo aeroporto, allora in fase di costruzione, oggi ultimato.
Non va dimenticato, come ricordava Wang Shen, direttore generale degli Affari Esteri di Hainan, nella prefazione di uno studio relativo all’Islands Economic Cooperation Forum che questa idea era partita dal Presidente Xi Jinping nell’autunno del 2013 quando aveva iniziato a parlare del progetto “ XXI Century Maritime Silk Road”.
In quella stessa pubblicazione curata da ”esperti delle isole” viene presa in considerazione “la specificità dell’isola come Hong Kong e Singapore” che ha permesso il veloce sviluppo nei secoli passati dei Free Trade Port come centri di scambio delle merci e hub finanziari.
Questo progetto dovrebbe assumere una consistenza effettiva dal 2025, (forse correlato con il Made in China 2025?) per arrivare a compimento nel 2035.
La novità più interessante è relativa alla percentuale di tassazione del reddito che, per quanto riguarda le società si dovrebbe allineare al 15%, 10 punti meno, quindi, del livello flat in Cina (ad eccezione di piccole società o di società operanti nel settore della tecnologia) e inferiore di due punti a quello praticato nella vicina Hong Kong (17%).
Questo è un appeal molto accattivante per le società che sono sempre alla ricerca di una tassazione inferiore per il loro reddito di impresa ed era una delle ragioni per stabilire le proprie ragioni sociali o di permanente attività ad Hong Kong.
Ma questa tassazione inferiore deve essere combinata con una facilitazione procedurale nella gestione quotidiana delle attività: ben venga la possibilità di importare beni a tariffa zero come sta accadendo ad Hong Kong semplificando i passaggi doganali di importazione.
Oggi, in Cina, nonostante evidenti progressi negli ultimi anni, l’espletamento delle pratiche doganali richiede due o tre giorni inclusivi del pagamento dei dazi e delle eventuali ispezioni del CIQ ( China Inspection Quarantine).
Seguono poi nella lista delle agevolazioni, la facilitazione di nuovi investimenti, la revisione della Negative List, la possibilità per i cittadini cinesi di spendere circa 15.000 dollari nei duties free dell’isola, triplicando il tetto attuale, 4.500 dollari, il potenziamento del sistema recettivo alberghiero.
Nuova e più ampia opportunità per le imprese italiane che sono leader in questi segmenti di mercato anche considerando che il flusso di turisti cinesi ad Hong Kong sarà destinato a ridursi nei prossimi anni.
*managing director a Shanghai di Savino Del Bene, azienda di trasporti internazionali e logistica. Vive e lavora in Cina da oltre 25 anni