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Politica

Prove di distensione in Estremo Oriente tra Cina e Australia

Canberra potrebbe diventare, secondo alcuni analisti, il veicolo dei dialogo tra Stati Uniti e Cina, dove la prossima settimana il presidente Xi Jinping riceverà il primo ministro Albanese. Resta comunque il blocco del sistema 5G di Huawei per ragioni di sicurezza, ma si torna a importare vino da parte cinese


30/10/2023 16:30

di Marco Leporati*

settimanale
Anthony Albanese, primo ministro australiano

Come in un sequel televisivo, la nuova puntata sulle relazioni bilaterali tra Cina e Australia è prevista dal 4 al 7 novembre, con la visita a Pechino del Primo Ministro australiano Anthony Albanese ricevuto dal Presidente Xi Jinping e dai rappresentanti del governo centrale e, a seguire, una tappa a Shanghai, in occasione dell’apertura della sesta edizione della CIIE (China International Import Exibition).

Questa visita ha una doppia valenza: ristabilire la matrice economica del confronto politico tra i due Paesi, che era stata interrotta a partire dal 2015 quando la Cina aveva invocato il WTO per le limitazioni riguardo Huawei, motivate da parte australiana in nome della sicurezza nazionale, e culminata nel 2020 per accuse australiane nei confronti della Cina sulla gestione della pandemia, con il risultato dell’imposizione di quest’ultima dei dazi sull’importazione dell’orzo pari all’80% e nel 2021 del vino pari al 218,4%.

Il lavoro diplomatico preparatorio era iniziato nel marzo scorso con la visita di Mark Mc Gowan, Premier dell’Australia occidentale, al fine di riaprire le porte del dialogo introducendo concessioni reciproche non eclatanti, ma quale segno premonitore.

Nel frattempo, la congiuntura geopolitica nella sua aggravata accelerazione non ha permesso di tener fede al calendario previsto in quell’occasione, e solo ora si è potuta concretizzare questa visita che riveste un’importanza particolarmente significativa, in quanto anche ricorrenza del primo incontro, alla fine di ottobre di cinquant’anni orsono, tra il Presidente cinese Mao Zedong e l’allora Premier australiano Gough Whitlam.

Durante questa fase preparatoria vi è stato un altro gesto collaterale di distensione: la restituzione a Canberra presso l’Ambasciata cinese di due reperti archeologici che erano custoditi dal governo australiano. Questa restituzione dovrebbe essere parte di un piano museale in Cina che possa documentare a futura memoria l’amicizia culturale tra i due Paesi, nata anch’essa negli anni settanta.

La premessa rimane governata dal principio che oggi il mondo è in una fase di transizione verso un sistema multipolare non più dominato da singole Nazioni, ma dove la Cina con l’alleanza del Global South acquisirà un’importanza sempre maggiore nell’ambito della politica internazionale.

In questo quadro si riapre la possibilità per la Cina in futuro di diventare membro del CPTPP (Comprehensive Progressive Agreement TransPacific Partnership), ovvero del trattato sottoscritto qualche anno fa da undici Paesi che si affacciano sul Pacifico, tra cui Giappone e Canada, e per il quale l’ammissione richiede il voto congiunto di tutti i membri, e la Cina nel recente passato aveva tentato invano per due anni di accreditarsi.

Canberra non ostacolerà l’entrata della Cina, avendo dichiarato una sua fonte governativa che “l’Australia non si opporrà all’entrata della Cina nel CPTPP e considererà la domanda della Cina sulla base del suo merito acquisito”.

Sul fronte cinese, in particolare dalla GAC (Custom General Administration), nelle ultime due settimane si aveva avuto riscontro di una progressiva apertura concernente l’importazione di vino australiano. È pur vero che l’argomento dazi rientrerà in una discussione più ampia nell’ambito del WTO che richiederà cinque mesi ancora, ma la riduzione dei dazi dovrebbe permettere l’ossigenazione in un mercato non in piena vitalità consumistica, ma che nei tempi d’oro valeva nell’interscambio commerciale tra 800 milioni ed oltre un miliardo di dollari, e che nel 2022 è risultato di soli 16 milioni di dollari.

L’Australia in questi anni ha cercato di esportare in altri Paesi, diversificando la domanda, ma l’offerta si è rivelata superiore e l’eccesso di vino rosso strutturato sta creando alcuni problemi, come del resto anche in Francia, tant’è che i viticoltori australiani stanno impiantando vitigni alternativi allo Shiraz e al Cabernet ed un occhio è stato posto sull'italiano Fiano, valutato positivamente per la sua caratteristica aromatica.

Se il vino è una delle principali criticità, rimane sul tavolo negoziale l’orzo, i cui dazi dovrebbero essere eliminati a breve, le aragoste, il legname ed il carbone.

Per quanto riguarda invece la partita Huawei Technologies ed il 5G oggetto del contendere, non vi sarà una discontinuità decisionale in quanto la sicurezza nazionale prevale e verrà confermato il divieto ad operare, mentre regna l’incertezza sulla gestione delle terre rare, in particolare per i limiti posti nelle partecipazioni societarie da parte di imprese cinesi con sede ed organizzazione sul territorio australiano.

Di contro è stato confermato il contratto di leasing per 99 anni dei terminal del porto di Darwin alla società cinese Landbridge Group.

Come mai questi cambi di rotta per entrambi i Paesi? Forse l’Australia, come sostengono alcuni, dovrebbe essere il veicolo di dialogo tra Cina e Stati Uniti dal momento che fa parte dell’organizazione AUKUS, dove gli altri membri sono Stati Uniti e Regno Unito, oppure vuole ritagliarsi una visibilità ed un ruolo politico tra i grandi players mondiali?

Lo sapremo nelle prossime settimane; in ogni caso, tutti convengono che le relazioni non saranno più come prima. (riproduzione riservata)


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