Nel periodo delle festività del 1 maggio, i 265 milioni di cinesi in movimento entro i confini domestici come ha confermato il Ministero dei Trasporti, indicano che il livello dei consumi in Cina è tornato a crescere a un ritmo sostenuto. Una controprova è emersa da un incontro della scorsa settimana tra i soci italiani della Camera di Commercio Europea, campione rappresentativo delle oltre 600 imprese italiane che operano attualmente in Cina. Tutti i partecipanti hanno manifestato una generale soddisfazione per l'attività in Cina delle rispettive imprese, evidenziando il solo problema, ripetuto come un mantra, delle difficoltà connesse ai costi dei trasporti.
I risultati positivi del pil cinese nel primo trimestre, con un crescita 18,3% che ha recuperato ampiamente il calo del 6,8% dei primi tre mesi del 2020, sono stati corroborati da una super performance di importazioni ed esportazioni.
Ciononostante, la Chinese Accademy of Social Science, ha gettato acqua sul fuoco dei trionfalismi, sostenendo che «poiché i consumi non sono ancora diventati il driver per una robusta crescita economica, gli investimenti per le infrastrutture dovrebbero continuare a crescere».
Buona parte delle ragioni della crisi nelle spedizioni marittime è dovuta alla richiesta di prodotti cinesi dal resto del mondo, con in testa gli Stati Uniti, e di una robusta domanda da parte della Cina (+ 69,2 % rispetto allo stesso periodo 2020) di materie prime quali la soia per l’alimentazione animale dei mega allevamenti per la produzione di latte e yogurt, alcuni con centomila mucche.
Pesa ancora sul mercato delle spedizioni marittime la crisi di Suez dello scorso marzo perché la nave giapponese che si era incagliata bloccando il traffico è ancora ferma nel canale, con i suoi 20 mila teus di container stivati a bordo, molti dei quali con i preziosi semiconduttori o chips la cui scarsità sta bloccando l'industria automotive in tutto il mondo e quindi la ripresa.
In Europa alcune aziende di automotive e di elettronica dovranno sospendere l’assemblaggio per la mancanza dei wafers ovvero i microchips che oggi governano un’autovettura o uno smartphone. Anche altre materie prime o semilavorati risentono di questa congerie produttiva.
«Covid-19 è ancora uno dei maggiori problemi ma non sarà a lungo il più importante collo di bottiglia. L’approvvigionamento di componenti, come i chipset, sta diventando ragionevolmente la maggiore criticità ed impedirà il trasporto e le consegne degli smartphone nel prossimo trimestre» ha previsto Ben Stenton, research manager di Canalys, la principale società al mondo di analisi del mercato tecnologico.
Questa criticità a breve o medio termine penalizzerà i consumi. Infatti, auto ed elettronica, soprattutto quest’ultima, sono due componenti prevalenti del paniere degli acquisti del consumatore globale.
Dovendo fare i conti con gli approvvigionamenti, Cina e Stati Uniti che, rispettivamente, secondo il Boston Consulting Group, detengono una share del 25% del consumo totale, hanno due approcci diversi tenendo presente che il fulcro della produzione di semiconduttori è nell’isola di Taiwan. Dalla Taiwan Semiconductor Manufacturing Co. esce l’80% della produzione che serve Apple, Intel, Qualcomm e così via.
Per questo motivo la Cina ha già deciso che andranno costruiti nuovi impianti produttivi ed ampliati quelli esistenti. Huang Libin del Ministero dell’Industria e Information Technology cinese (MIIT) ha richiesto investimenti privati e stranieri. L’America è molto più lenta a reagire nelle decisioni che riguardano la costruzione di nuovi impianti produttivi anche in relazione a una dipendenza della rete interna di trasporti, in special modo quella ferroviaria, obsoleta e con programmi di rinnovamento non immediati. Complessivamente per rendersi indipendenti le stime parlano di un trilione di investimenti sia per la Cina che per gli Stati Uniti. Senza trascurare la necessità di terre rare quali il silicio come base principale dei wafers.
La Cina vuole insediamenti produttivi per creare ricchezza e per attivare il circuito dei consumi. L’America ha ancora una classe di dropout mediamente povera che vive di sussidi, come ha ben rappresentato il film Nomadland della regista cinese Chloé Zhao, che si è aggiudicato tre oscar.
La catarsi coreana e dei Paesi asiatici e la stagnante disperazione americana sono l’immagine speculare di un cambiamento epocale per il quale il Covid 19 sta contribuendo nella ridefinizione del perimetro socio-economico. (riproduzione riservata)
*managing director a Shanghai di Savino Del Bene, azienda di trasporti internazionali e logistica. Vive e lavora in Cina da oltre 25 anni.