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Politica

Sei pmi su dieci vogliono partecipare alla Belt and Road

Più digitale, maggiori investimenti e un coinvolgimento nella Belt and Road Initiative tra le indicazioni emerse dal questionario che ha coinvolto 180 imprese. L'analisi della Fondazione Italia-Cina


23/02/2021 14:41

di Mauro Romano - Class Editori

Bri
Mario Boselli, presidente della Fondazione Italia-Cina

Quasi sei piccole e medie imprese italiane su dieci vorrebbero essere coinvolte nei progetti legati alla Belt and Road Initiative. Lo rivela una ricerca del Centro studi per l'impresa della Fondazione Italia Cina (Cesif). "Tra le imprese che hanno risposto al questionario, la Cina è sempre più vista come un mercato di sbocco e di consumo e sempre meno come fabbrica del mondo", ha spiegato Marco Bettin, direttore operativo della Fondazione Italia Cina.

In base a quanto emersa da un sondaggio su 180 pmi, il 44,86% dei rispondenti ha un giudizio positivo sull'impatto della Bri, contro una valutazione negativa espressa soltanto dal 7,48%. La maggioranza del 47,66%, tuttavia, ha indicato “nessun impatto” come opzione preferita, una circostanza che sembra ben accoppiarsi con l’esito delle risposte sul coinvolgimento effettivo in progetti legati alla Belt and Road Initiative. Poco meno del 10% del campione, infatti, dichiara un di essere stato coinvolto e addirittura solo il 3,6% con un esito favorevole.

Dall'analisi emerge anche  un cambio nelle motivazioni che portano le pmi italiane verso la Repubblica popolare. Il 76,34% del campione infatti dichiara di intendere "mercato di sbocco" come opzione principale della presenza in Cina, seguita dal 12,2% dell'indicazione della Repubblica popolare cinese come "sede produttiva delocalizzata" e dall`11,45% come "hub regionale".

In base allo studio, Per quanto riguarda le difficoltà riscontrate nell’accesso al mercato cinese, le tre priorità evidenziate dal campione rispondente sono, nell’ordine, la violazione dei diritti di proprietà intellettuale, le differenze linguistiche e culturali e la difficoltà nell’individuare partner locali appropriati. Di minore urgenza sono invece risultate le problematiche legate alla gestione della forza lavoro manageriale e non-manageriale.
Allo stesso modo la corruzione viene indicata dal campione come una delle questioni meno rilevanti quando si opera in Cina.

Nel giudicare il livello di importanza del mercato cinese per la propria impresa, si rileva una valutazione positiva dalla maggioranza dei rispondenti con un deciso incremento delle aspettative future rispetto al passato. Infatti, se oggi la Cina è cresciuta nelle valutazioni aziendali rispetto a cinque anni per il 42,6% del campione, un incremento positivo è dichiarato dal 77,4% di chi ha risposto.

"Oggi si deve andare in Cina, anche se non è sempre semplice", ha sottolineato il presidente della Fondazione Italia-Cina, Mario Boselli.  Le pmi, aggiunge,sono "le aziende che hanno maggior bisogno di aiuto" per avere un ruolo nel mercato più dinamico del mondo: "questa ricerca  ha avuto lo scopo di capire quali sono i loro bisogni reali".

Il 2021, sottolinea ancora Boselli, "sarà un anno di svolta per lo stato di salute di molti operatori economici e per le opportunità da cogliere nel rinnovato contesto di una Cina che promuove i consumi interni e favorisce le relazioni internazionali. Conoscere le caratteristiche delle PMI, ovvero di quelli che spesso sono i principali protagonisti delle relazioni economiche tra Italia e Cina, e ascoltarne la voce è un esercizio fondamentale per il successo degli scambi commerciali".(riproduzione riservata)


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