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Politica

Singapore, affari e scenari sulla via della transizione energetica

Colossali gare per le forniture e la posa di cavi sottomarini stanno partendo nel sud est dell'Asia. Le più vicine riguardano le forniture per l'Australia-Asia Power Link, che collegherà la più grande piattaforma di energia solare al mondo nel sesto continente e la città-stato attraversando i fondali costieri dell’Indonesia


25/10/2022 12:07

di Marco Leporati*

settimanale
Le architetture di Marina Bay Sands a Singapore

L'Asia, e in particolare i Paesi dell'area sud est e del Pacifico, stanno diventando teatro di un colossale programma per dotarsi delle infrastrutture necessarie alla transizione energetica verso un mondo carbon free, obiettivo da raggiungere entro il 2050, il più possibile alimentato da fonti energetiche rinnovabili.

Si tratta di programmi che per le loro implicazioni industriali e commerciali rappresentano ghiotte opportunità di sviluppo per grandi gruppi impegnati nelle forniture di materiali e di strutture, tra cui primeggiano alcuni nomi italiani.

In questo sforzo, Singapore, la città-stato per antonomasia, sta assumendo un ruolo di apripista e di punta avanzata, grazie anche alla exit-strategy dopo due anni di pandemia, ponendosi oggettivamente in concorrenza con Hong Kong, l'altro hub economico e finanziario dell'area.

A Singapore la transizione energetica avverrà importando energia da varie fonti rinnovabili e dovrà conciliare la sicurezza degli impianti con le attività di uno dei porti più importanti del sudest asiatico e con attività di pesca vitali per i Paesi vicini.

La città-stato, con il suo circoscritto territorio isolano di sei milioni di abitanti, si è sempre approvvigionata dai Paesi limitrofi: dalle forniture alimentari, all’acqua; il rifornimento di energia termica convenzionale invece è stato alimentato principalmente da centrali elettriche a gas ubicate nell’isola, tranne due siti dislocati in una laguna antistante che, attraverso pannelli fotovoltaici, forniscono 100 MW così da raggiungere una produzione autosufficiente pari al 95%.

Per colmare il divario una quota aggiuntiva di 100 MW proviene da una linea di interconnessione ad alta tensione dal Laos prodotta da un impianto idroelettrico grazie ad un progetto pilota eseguito dalla Keppel di Singapore, società con oltre vent’anni di esperienza nel campo dell’energia. Il Laos, nell’Indo Pacifico, esporta anche 6.000 MW in Cambogia, Vietnam, Myanmar e Tailandia grazie alla capacità produttiva di 8.000 MW.

La ricerca di fonti alternative non è semplice in quanto l’ubicazione geografica di Singapore coincide con acque territoriali ad alta intensità di traffico marittimo sia commerciale che di rifornimento diretto. Il famoso stretto della Malacca tanto caro ai racconti salgariani è uno dei punti di transito più trafficati al mondo pari al canale di Suez. Di conseguenza il posizionamento di parchi eolici non può essere collocato in località costiere.

Per questi motivi e in vista degli obiettivi al 2050, l’Energy Market Authority, in diretta dipendenza dal Ministero del Commercio e dell’Industria di Singapore, ha lanciato un progetto con relativa gara per fornire licenze per l’importazione di energia rinnovabile dall'Australia, con cavi sottomarini che partono dalla costa australiana di Darwin fino a Singapore.

Il progetto, denominato Australia-Asia Power Link, rappresenta la sfida di creare in Australia la più grande piattaforma di energia solare al mondo e di trasferirla sino a Singapore attraversando i fondali costieri dell’Indonesia. La superficie coperta sarà di 12.000 ettari e l’energia prodotta in una prima fase a 2.0 GW e, a regime, pari a 3.2 GW coprirà il fabbisogno di Singapore per il 15%.

L’Australia ha la più alta percentuale al mondo per capita di energia solare nell’ambito dei Paesi del G20 e per esportarla lo Australia-Asia Power Link deve coprire una distanza di 4.300 km con una linea a tre cavi, due di potenza e uno di ritorno a regime di corrente continua.

Il faraonico progetto prevede entro il dicembre 2023 l’assegnazione da parte della Energy Authority delle licenze ai vincitori delle gare, al fine di vederlo concluso entro il 2040 con l’obiettivo di rifornimento al 60% seguendo una media annuale del 6%. In ballo ci sono forniture per i prossimi cinque anni di 12.000 km di cavo sottomarino.

Poiché questo progetto è solo una delle tante interconnessioni richieste nel mondo, la capacità mondiale di fornire cavi è sotto pressione, considerando anche la supply chain relativa al trasporto di questi cavi, alla loro posa e alla loro protezione.

Tra l'altro questi impianti devono essere protetti da vari fattori: ancoraggi nelle vicinanze dei porti, pesca a strascico anche d’altura in fondali più profondi. La protezione tipica consiste nell’insabbiamento a profondità tale da evitare il loro danneggiamento; in caso di ancore si cerca di interrare a 3 metri con fondale in sabbia e sino ad 8 metri in fondali fangosi.

Per proteggere l’impianto da danni derivanti dalla pesca i cavi vengono interrati circa un metro nelle alte profondità. Nelle acque interessate dall’Australia Asia Power Link si potrà pensare ad un interramento a 500 metri di profondità.

Anche i parchi eolici offshore su cui puntano molto Cina, Corea e Giappone, per le specifiche condizioni climatiche, sono un fattore importante nell'alimentare la domanda di cavi e attrazzature. Infatti le piattaforme possono essere collocate anche a decine di chilometri dalla terra ferma, e le problematiche riguardano le sollecitazioni meccaniche dei cavi, sia quelli che connettono le diverse pale alla torre centrale sia quelli che trasportano l’energia alla terra ferma.

I cavi generalmente vengono insabbiati a 1200 metri di profondità e questa protezione dovrebbe garantire la sicurezza al passaggio delle navi anche a fondo pescaggio ma nelle aree di pesca con le reti a strascico se non è garantita una profondità rilevante il rischio che le reti si aggancino ai cavi è reale.

Nel teatro trasnazionale del cambiamento climatico di cui sopra vi sono due esempi, “la cruda realtà è che nessuna strategia globale può funzionare se non viene adottata dall’Asia e dalla maggioranza dei suoi abitanti... La verità è che il continente ha giocato un ruolo chiave nel mettere in moto la catena degli eventi che sta determinando l’attuale ciclo di cambiamento climatico” (Amitav Ghosh, La grande cecità, pag. 113).

Per questa ragione la conciliabilità con le diverse esigenze deve diventare la matrice di successo di questi progetti. (riproduzione riservata)

*presidente di Savino del Bene Shanghai Co. Vive e lavora a Shanghai da oltre 25 anni


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