In arrivo lo scambio di informazioni fiscali fra Italia e Cina. È una delle novità previste dal disegno di legge di ratifica ed esecuzione dell'accordo tra il governo della Repubblica italiana e il governo della Repubblica popolare cinese per eliminare le doppie imposizioni firmato a Roma a marzo 2019, in occasione della visita del presidente Xi Jinping. La palla passa alla Camera, il testo è infattiè stato discusso e approvato l'8 luglio scorso in prima lettura al Senato. Montecitorio, ricorda Italia Oggi, dovrà decidere se approvare o meno il testo composto da 4 articoli, in cui si autorizza il Presidente della Repubblica a ratificare l'accordo.
Il provvedimento servirebbe ad eliminare le doppie imposizioni in materia di imposte di reddito e a prevenire le evasioni e le elusioni fiscali, aggiornando l'attuale disciplina bilaterale sugli aspetti di fiscalità diretta e adeguandone le disposizioni ai più recenti standard internazionali, in particolare al modello Osce. Per quanto riguarda l'oggetto, l'accordo si riferisce alle imposte Irpef, Ires e Irap per l'Italia e all'imposta sui redditi delle persone fisiche e quella sui redditi da attività d'impresa per la Cina.
Gli articoli 10-13 prevedono le regole di tassazione sui redditi di capitale (interessi, dividendi, royalties e capital gains), secondo cui le aliquote massime di prelievo fissabili dallo stato della fonte sono in linea con quelle concordate dalla Cina nelle convenzioni stipulate con gli altri paesi Ue maggiormente comparabili all'Italia, permettendo quindi agli investitori italiani di operare in condizioni paritarie rispetto ai maggiori competitors europei. Sui dividendi vige poi, come principio generale, l'imponibilità nello stato contraente di residenza del percipiente, con delle eccezioni di doppia tassazione con aliquote ridotte dal 10 al 5% nel caso di partecipazioni dirette di almeno il 25% del capitale della società che paga i dividendi, detenute per almeno 365 giorni.
Per dividendi diversi, si applica l'aliquota del 10%. Per quanto riguarda le professioni e il lavoro autonomo, invece, di regola l'imposizione dovrebbe avvenire nello stato di residenza del percettore di tali redditi, salvo i casi in cui il percettore abbia una base fissa disponibile, che sarebbe sottoposta ad imposizione concorrente. Anche per il trattamento fiscale delle remunerazioni derivanti da lavoro subordinato, la tassazione sarebbe di competenza dello stato di residenza del lavoratore, salvo che l'attività lavorativa non venga prestata nell'altro stato contraente, nel qual caso la potestà impositiva diverrebbe concorrente. L'accordo estende poi la cooperazione anche in materia di scambio di informazioni, di cui all'art. 27, prevedendo il superamento del «domestic tax interest» e del segreto bancario. (riproduzione riservata)