La Cina non è più vicina. Dall’invasione russa contro l’Ucraina è in atto una regionalizzazione e una diversificazione delle catene di forniture delle aziende. “Almeno in Italia, la tendenza si accentua tra le aziende più esposte verso la Cina”, ha sottolineato il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco nelle sue considerazioni finali.
"Negli ultimi decenni l’apertura commerciale e l’organizzazione delle produzioni su scala globale hanno accresciuto l’efficienza nell’allocazione dei fattori produttivi”, ha ricordato.
Il quadro è però cambiato “La pandemia ha però messo in luce la vulnerabilità delle catene di approvvigionamento internazionali complesse, i cui snodi critici possono provocare improvvise interruzioni nei flussi di beni intermedi. La guerra in Ucraina e la crisi energetica che ne è seguita hanno reso queste fragilità ancora più evidenti; diversi paesi, non solo avanzati, hanno intrapreso politiche per contenerle”, ha aggiunto Visco.
In un sondaggio condotto dalla Banca d’Italia nei mesi scorsi presso le imprese non finanziarie italiane, il 15% dei partecipanti ha affermato di avere sostituito fornitori esterni con fornitori nazionali o localizzati in paesi vicini all’Italia, o di avere intenzione di farlo nel corso di quest’anno. Le statistiche ufficiali sul commercio internazionale e sugli investimenti, si legge però nella Relazione di Bankitalia, “non mostrano tuttavia evidenti segnali di frammentazione delle relazioni economiche su scala globale”. (riproduzione riservata)