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Politica

Xi Jinping punta 394 miliardi sulla ripresa in Cina

L'importo, consistente, è però inferiore per ora a quello messo in campo quando scoppiò la crisi finanziaria nel 2008. Intanto la banca centrale ha liberato liquidità per le pmi, abbassando i coefficienti di riserva delle banche. Misure anche per incentivare l'edilizia, con nuovi permessi di costruzione, nelle provincie del Guangdong, Zhenjiang, Anhui e Jiangsu


20/03/2020 11:05

di Andrea Pira - Class Editori

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Xi Jinping durante la visita in Sicilia, un anno fa

Come ai tempi della crisi finanziaria, per contenere le ricadute economiche dell’epidemia di coronavirus il governo cinese si affida agli investimenti infrastrutturali.

Dieci anni fa le risorse messe a disposizione furono nell’ordine dei 570 miliardi di dollari, mentre oggi lo sforzo economico, secondo quanto riportato da Reuters, dovrebbe aggirarsi attorno a 2.800 miliardi di yuan, pari a 394 miliardi di dollari, in gran parte finanziati con l’emissione di obbligazioni dedicate delle amministrazioni locali.

Pechino potrebbe inoltre alzare l’asticella del deficit, superando la quota 3% rispetto al pil. L’ha lasciato intendere il portavoce dell’Ufficio nazionale di statistica Mao Shengyong parlando di sufficienti spazi per alzare l’indebitamento.

Prende inoltre sempre più corpo l’ipotesi che l’obiettivo di crescita per il 2020 venga fissato al 5% e non al 6%, di cui si era parlato lo scorso dicembre. I dati sul crollo della produzione industriale nei primi due mesi dell’anno sono un segnale. Fonti finanziarie dalla Cina spiegano però che nei prossimi mesi la seconda economia del mondo potrebbe agire per ripartire a ritmi serrati, recuperando il terreno perso, ora che non è esclusa la crescita zero o la recessione nel primo trimestre.

Al momento la People’s Bank of China è intervenuta con tagli dei coefficienti di riserva per la banche, così da liberare liquidità da destinare a piccole e medie imprese. Un altro passo nella strategia per rilanciare la crescita è la decisione del Consiglio di Stato, ossia l’esecutivo cinese, di allentare le norme che regolano l’uso dei terreni agricoli.

Pechino ha autorizzato le amministrazioni locali a destinare all’edilizia i terreni non catalogati a uso esclusivamente agricolo, senza dover ricevere il via libera del governo centrale. Tale decisione dovrebbe favorire il processo di urbanizzazione, in particolare nelle zone costiere. In più, per quattro province (Guangdong, Zhenjiang, Anhui e Jiangsu) e quattro municipalità (Pechino, Shanghai, Tianjin e Chonngqing) ci sarà una sperimentazione di un anno, durante la quale anche i terreni a solo uso agricoli potranno essere sfruttati per lo sviluppo urbano.

La Repubblica Popolare cerca così di riprendersi dall’epidemia. Ieri per la prima volta dall’inizio della crisi sanitaria, secondo le cifre ufficiali, non si è registrato alcun nuovo caso «domestico» di positività Covid-19, ma si sono riscontrati 34 casi di rientro da altri Paesi.

Il presidente Xi Jinping ha esortato a non abbassare la guardia: «Il rischio epidemia esiste in altre regioni per via del concentramento di persone e degli spostamenti», ha ammonito il capo di Stato e segretario generale del Partito Comunista Cinese. Anche per questo nelle ultime settimane si sono intensificati i controlli su chi torna in Cina. A Pechino, ad esempio, anche i residenti in arrivo dall’estero sono sottoposti a quarantena obbligatoria sotto osservazione centralizzata, ossia in alberghi dedicati e a proprie spese.( riproduzione riservata)


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