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Bank of China a Gibuti, caposaldo cinese in West Africa

La piccola repubblica africana è un punto tra i più strategici tra Mar Rosso e oceano indiano. Pechino ha finanziato il governo con 1 miliardi di dollari, il 71% del pil, mantiene una base militare con 2 mila soldati la più importante, insieme a quella americana e francese. Il porto è diventato un hub importante sulla rotta marittima delle Nuove Vie della Seta


21/02/2020 13:14

di Simonetta Scarane - Class Editori

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La posizione strategica di Gibuti sul Corno d'Africa

A Gibuti, piccola repubblica africana strategica nel Corno d’Africa, ex colonia francese, si è insediata la Bank of China. La delegazione di cinesi è stata accolta a braccia aperte dal ministro dell’economia di questo paese stretto fra l’Eritre, la Somalia, l’Etiopia, che beneficia soltanto della propria posizione su uno dei siti più strategici del mondo, tra il Mar Rosso e l’oceano indiano.

Gli obiettivi della Bank of China si iscrivono nella «Vision 2035» del presidente Ismail Omar Guelleh che aspira a fare di Gibuti non soltanto un hub logistico regionale, ma anche un hub finanziario, una piazza commerciale internazionale, ha detto il ministro al quotidiano francese Le Figaro.

L’insediamento della banca cinese è stato facilitato da procedure agevolate con l’intento di consentire l’avvio della sua attività in tempi rapidi.

La banca non è l’unico segno della presenza cinese a Gibuti. A qualche minuto di distanza dal sito della banca c’è l’imponente porto in acque profonde di Doraleh costruito con il sostengo di Pechino e inaugurato nel 2017. Un anno più tardi aprirà, accanto, una zona franca sovradimensionata di 43 chilometri quadrati. Un progetto da 3,5 miliardi di dollari della quale tre imprese cinesi sono azioniste insieme allo Stato di Gibuti.

A sorvegliare sui luoghi, invisibile, si trova la prima base militare dell’esercito popolare della Cina all’estero. Su questa rocca coabitano grandi potenze. Prima dell’arrivo dei cinesi gli eserciti occidentali sorvegliavano già in maniera scrupolosa lo stretto di Bab el-Mandeb dal quale transita una grande parte del traffico marittimo commerciale mondiale. I francesi hanno la propria base con 450 uomini. 

Gli americani sono arrivati dopo l’11 settembre 2001 per gestire la guerra contro i terroristi. I loro droni decollano  verso lo Yemen o la Somalia  Oggi i soldati americani a Gibuti sono 4 mila ospitati in una parte dell’ex campo francese recuperato nel 2002. 

Inoltre, ci sono anche i giapponesi arrivati a Gibuti nel 2011 con 200 uomini impegnati nella lotta contro la pirateria, secondo quanto ha riportato Le Figaro. Anche l’Italia ha insediato una gurnigione di militari, come la Spagna.  La Russia ha un piccolo punto d’appoggio militare nella zona. C’è un effetto saturazione, ma le basi militari costituiscono per Gibuti una fonte di entrate e una garanzia di stabilità, seppure con dei limiti.

Le ambizioni di Pechino preoccupano, secondo Le Figaro. I prestiti cinesi hanno superato il miliardo di dollari, la metà del Pil di Gibuti. L’indebitamneto era pari al 71% del Pil nel 2018 e l’Fmi ha suonato l’allarme.

La base cinese, situata poco distante da quelle americana e francese ufficialmente non è che un supporto logistico. Oggi la Cina è impegnata nelle missioni per il mantenimento della pace e partecipa a delle operazioni contro la pirateria. Ma le ambizioni  tracciate dalla Nuova via della seta fanno di Gibuti una tappa strategica per Pechino. L’ex Impero di Mezzo vuole proiettare la propria influenza nella regione.

La sua base conta oggi 2 mila uomini, ma a regime diventeranno diecimila soldati, secondo Le Figaro. Dispone di un porto e le consegne di una dozzina di elicotteri sono annunciate a breve.  © Riproduzione riservata


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