Con la giornata di ieri si è arrivati al giro di boa in Cina dopo esattamente un mese dall’incipiente Covid-19 ma allo stesso tempo con un esplosione di casi di contagiati in Italia. A prescindere dalla diversa dimensione delle popolazioni, la differenza è che in Cina la sospensione dell’attività per il capodanno ha avuto una funzione di cuscinetto, attutendo i maggiori rischi di quelli che in realtà si sono verificati come numero di contagiati e di decessi, pur estremamente elevati.
Durante la scorsa settimana l’invito lanciato dal Governo centrale e dalle diverse Autorità locali è stato quello di richiamo nei siti produttivi della forza lavoro senza la quale la ripresa è impossibile.Questa decisione è in linea con un parere positivo espresso dell’ OMS durante la conferenza stampa tenutasi a Pechino domenica scorsa.
Alcune Municipalità si sono fatte carico dei costi di trasporto per raccogliere la manodopera nei diversi villaggi. In altri casi, questo trasporto richiesto dall’azienda rimane a proprio carico con una possibile conseguenza che, una volta rientrato il personale in forza, non sia in grado di riavviare la produzione a causa di imprese di fornitura che non hanno ripreso il lavoro o per carenza di personale o per mancata approvazione da parte delle Autorità.
Le due aree di maggior concentrazione produttiva e cioè la Yangtze River Delta, vicino a Shanghai e la Pearl River Delta vicino a Canton stanno soffrendo di queste contraddizioni: non è spiegabile la riduzione a Canton della quarentena da quattordici a cinque giorni se l’azienda organizza un trasporto diretto per il proprio personale non avvalendosi quindi dei servizi pubblici.
La procedura di controllo e monitoraggio è estremamente ferrea: tutti i lavoratori rientrati hanno l’obbligo attraverso una APP ufficiale di fornire le proprie informazioni che serviranno a seguirli nei loro spostamenti anche considerando la rilevazione della temperatura corporea una o più volte al giorno. Cone già rilevato in precedenza la tendenza è quella di trasferire la totale responsabilità della gestione del proprio personale all’azienda sia da parte delle Autorità locali sia anche dai proprietari degli edifici ad uso ufficio qualora insorgesse un caso di contagio.
Il documento ricevuto oggi dal sottoscritto dal proprietario dell’ufficio richiede con la sottoscrizione che: “La nostra società deve mantenere la promessa degli impegni sopra specificati ed è disponibile ad assumerne tutte le responsabilità”.
In questo contesto le imprese con oltre 20 milioni di RMB di fatturato (2,8 milioni di euro circa) hanno ricevuto l’ordine di riaprire con un aggravio di costi non indifferente. Nell’ultimo fine settimana vi è stata la riapertura nelle città di centri commerciali e locali pubblici e oggi alcune province come lo Jangsu, incluso nella Yangze River delta, hanno dimiminuito l’indice di allerta da 1 a 2 o anche a 3 (in Cina la scala valoriale è invertita).
Autorità portuali, tra cui quella di Xiamen, importante centro di produzione dello sportware e del marmo ha deciso ieri sera di attivare una riduzioni dei costi portuali per imprese e compagnie marittime; queste ultime, soffrendo questo fermo produttivo, continuano a rinviare le partenze delle navi.
Per garantire i flussi, alcune province, tra cui lo Zejiang, hanno ripreso, obtorto collo, l’attività al 90%, secondo stime governative, mentre le altre si stanno allineando. Anche le banche tra cui Agricultural Development Bank e China Development Bank stanno approntando piani di intervento nel settore dell’agricoltura.
L’obiettivo del Governo Centrale rimane il raggiungimento di un 6% di crescita annua del pil e per contribuire a questo risultato sono ripartite anche il 67% delle acciaierie e il 76% delle attività minerarie, secondo dati ufficiali. Intanto anche Volkswagen e Toyota hanno comunicato la ripresa della produzione, i giapponesi nei loro quattro stabilimenti e Vw sia nelle fabbriche dirette che in quelle della jv con Faw.
Vale la pena di segnalare che il Centro di ricerca e energia per l’aria pulita con sede ad Helsinki ha rilevato in Cina durante i dieci giorni successivi alla prima ripresa del 3 febbraio il livello di biossido di azoto nell’aria, comparato con lo stesso periodo del 2018, risultava diminuito del 36% e l’output dell’industria ha avuto un calo, sempre per effetto della comparazione, dal 15% al 40% con una riduzione di Co2 di cento milioni di tonnellate.
Delle problematiche relative alla ripresa si è discusso anche nella seconda edizione della videoconferenza organizzata giovedì scorso dalla Camera di Commercio Italiana in Cina alla quale ha partecipato l’Ambasciatore Luca Ferrari.
Tra gli speakers presenti che hanno offerto spunti di riflessioni supportati da dati specifici relativi alle proiezioni dei consumi nel mercato cinese e delle potenziali perdite di quote di mercato, Gianpaolo Bruno, Direttore dell'Ice di Pechino ha sottolineato come nella produzione per il nostro export sui diversi paesi, 9 miliardi di euro sono relativi a componenti e semilavorati prodotti in Cina.
Questi dati confermano, ancora una volta, come la global supply chain sia imprescindibile in questa organizzazione della produzione nel mondo, ma anche la potenziale inconciliabilità tra l’ambiente e la produzione: un altro tema che va risolto entro i prossimi cinque anni.
* managing director a Shanghai di Savino Del Bene, azienda di trasporti internazionali e logistica. Vive e lavora in Cina da oltre 25 anni