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Shanghai centro finanziario? Ci sono ostacoli normativi

Nonostante negli ultimi anni siano stati rimossi alcuni limiti alle quote di partecipazione degli investitori stranieri nelle società di servizi finanziari, le banche europee continuano a fronteggiare alcune barriere che di fatto rendono più complicato il loro lavoro. Gli ostacoli normativi rappresentano un limite per lo sviluppo del business per l’85% degli intervistati


17/12/2019 14:30

di Carlo Diego D'Andrea*

Shanghai verso il 2020

Nel 2009, il Consiglio di Stato cinese ha posto, per Shanghai, l’obiettivo di diventare un centro finanziario internazionale entro il 2020. Il raggiungimento di un traguardo così ambizioso eleverebbe la capitale economica della Cina al pari di città come Londra e New York. Dieci anni dopo, la Camera di Commercio dell’Unione Europea in Cina ha rivolto un sondaggio ai dirigenti bancari europei residenti in città per verificare se Shanghai avesse ottenuto il risultato auspicato.

I risultati sono chiari: Shanghai non è ancora arrivata a essere un centro finanziario internazionale e, nonostante l’obiettivo sia stato posticipato alla fine del 2020, il suo raggiungimento appare impossibile. L’ecosistema finanziario, sebbene siano stati apportati notevoli miglioramenti, deve ancora superare numerosi ostacoli per poter ambire a guadagnare l’etichetta di centro finanziario internazionale.

Nonostante negli ultimi anni siano stati rimossi alcuni limiti alle quote di partecipazione degli investitori stranieri nelle società di servizi finanziari, le banche europee continuano a fronteggiare alcune barriere che di fatto rendono più complicato il loro lavoro. Gli ostacoli normativi rappresentano un limite per lo sviluppo del business per l’85% degli intervistati. Fattori quali i limiti, all’esposizione infragruppo e il trattamento dei prestiti a lungo termine da banche estere rendono estremamente difficile, per le entità straniere in Cina, ricevere sufficienti finanziamenti dalle loro sedi centrali. Alle filiali di banche estere non è consentito emettere obbligazioni interne in renminbi, pertanto non possono raccogliere fondi per le operazioni a livello locale.

Per valutare i progressi compiuti da Shanghai finora, la si potrebbe comparare ai centri finanziari che ha cercato di emulare: Londra e New York. L’88% dei dirigenti intervistati ritiene che Shanghai sia eccessivamente regolamentata rispetto a queste città. In modo parimenti significativo, la maggior parte degli intervistati ritiene che l’attuazione delle normative di settore a Shanghai meno puntuale, trasparente e coerente. In effetti, la trasparenza e l’affidabilità costituiscono la base di un centro finanziario internazionale stabile. Questa lacuna di Shanghai, aggravata da interventi arbitrari sul mercato, ha eroso la fiducia nel sistema finanziario. Non un singolo intervistato ritiene che la fissazione dei prezzi delle azioni sia accurata sul mercato cinese e solo il 12% ha fiducia nella quotazione delle emissioni obbligazionarie. L’apertura di quest’anno alle agenzie di rating estere è un passo avanti per migliorare la qualità del sistema finanziario cinese, così come la recente revisione della legge fallimentare, ma tali interventi risultano troppo tardivi per il raggiungimento degli obiettivi prefissati per il 2020.

La riforma della regolamentazione dipenderà anche da una maggiore comunicazione tra i vari regolatori responsabili del sistema finanziario cinese. Fortunatamente, gli intervistati hanno visto un miglioramento del coordinamento tra i regolatori negli ultimi cinque anni, ma sono divisi sul fatto che sia migliorato o meno il coordinamento tra la sede centrale dei regolatori e le filiali provinciali. Il 73% degli intervistati ritiene che il procedimento di concessione delle licenze sia più complesso a Shanghai rispetto a Londra o New York. Le licenze si rivelano particolarmente gravose e sono considerate il secondo ostacolo più comune dai dirigenti per l’espansione della propria attività in Cina. Infatti, operazioni che in Europa potrebbero essere svolte con un’unica licenza richiedono invece in Cina plurime autorizzazioni, peraltro concesse a seguito di una valutazione condotta caso per caso. Tale circostanza suscita sovente dei sospetti di favoritismi di natura politica durante il processo di valutazione della domanda.

L’ecosistema finanziario dovrà anche essere rinnovato per raggiungere il livello di internazionalizzazione previsto dal progetto cinese. La maggior parte degli intervistati ritiene che la quota di mercato estero del sistema bancario cinese dovrebbe raggiungere almeno il 5%, rispetto ai dati più recenti dell’1,29%. Sebbene Shanghai possa essere più avanzata in questo senso, costituendo il centro finanziario della Cina continentale, per essere competitiva a livello globale, la Cina dovrà quasi quadruplicare questa metrica per soddisfare le aspettative dei dirigenti bancari europei. Un’espansione delle banche europee richiederà l’assunzione e il mantenimento di personale dirigenziale qualificato.

Questo problema è rilevante in tutti i settori in Cina, ma in particolare per il settore dei servizi finanziari, trattandosi di un settore in cui i talenti stranieri possono svolgere un ruolo importante nel portare conoscenza ed esperienza. Ma la capacità di attrarre destinatari stranieri sarà ostacolata dalle recenti riforme della tassa sul reddito delle persone fisiche, in base alla quale le prestazioni esenti da imposte come il sostegno alla ricollocazione e l’educazione dei bambini scadranno all’inizio del 2022. Se tali costi saranno posti a carico del datore di lavoro o del dipendente, i talenti saranno inclini a lasciare il Paese e ne risulterà difficile attrarne di nuovi. Ridurre il numero di personale straniero è controproducente per consolidare la reputazione di Shanghai di centro finanziario internazionale.

Nel complesso, i dirigenti bancari che hanno partecipato al sondaggio sono divisi in merito alle loro visioni a breve e a lungo termine. Il 42% di loro infatti ritiene che, anche se Shanghai non raggiungerà l’obiettivo fissato per il 2020, diventerà comunque un centro finanziario internazionale nel prossimo futuro. Eppure una grossa fetta rimane pessimista o incerta, per una buona ragione. L’internazionalizzazione del renminbi determinerà in definitiva se una città cinese potrà diventare un centro finanziario internazionale. Negli ultimi dieci anni, la Cina ha cercato di rafforzare la propria valuta rispetto al dollaro Usa, ma l’uso all’estero (se si esclude Hong Kong) rimane piuttosto basso.

Gli intervistati ritengono che i controlli sui capitali e l’inconvertibilità del renminbi impediranno a Shanghai di diventare un centro finanziario internazionale. Questi problemi non sono di facile soluzione. Sebbene siano interventi necessari nel lungo periodo, l’immediata rimozione dei controlli sui capitali e la piena convertibilità del renminbi possono portare a deflussi di massa che potrebbero avere ripercussioni negative sull’intera economia globale.

La soluzione è un approccio graduale, progressivo e ben pianificato nella riduzione di queste barriere. Nel frattempo, concentrarsi sulla riforma della regolamentazione e sull’ulteriore internazionalizzazione dell’ecosistema finanziario a Shanghai sarà determinante per condurre la città verso il suo obiettivo. Shanghai non è ancora un centro finanziario internazionale, ma se verranno fatti i giusti passi a tempo debito, non vi sono ragioni per dubitare che l’obiettivo possa avere esito positivo. (riproduzione riservata)


*vicepresidente della Camera di Commercio dell’Unione Europea in Cina e presidente della Sezione di Shanghai


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