Suning, società cinese del retail nell’home appliance, conosciuta quale proprietaria dell’Inter, ha acquisito recentemente l’80% delle quote societarie di Carrefour Cina, diventandone l’azionista di riferimento.
La lista delle rinunce strategiche negli ultimi due anni in Cina nel settore del retail e dell’hospitality è corposa e comprende Mark&Spencer, prestigiosa catena inglese di lunga tradizione che, dopo aver aperto cinque punti vendita, ha chiuso ogni attività per problemi di strategia legata al posizionamento del prodotto, Tesco PLc, ancora inglese, la coreana Lotte Mat e Auchan. A fine aprile ha cessato la californiana Forever 21, entrata in Cina nel 2008 con 11 flagship stores.
Wallmart, dopo il fallimento del progetto ipermercati, sta cercando un riscontro con JDcom con l’obiettivo di aprire 40 membership star entro il 2020. Anche Metro, prestigiosa società tedesca, ha dato mandato di vendere le attività in Cina.
Nel settore alberghiero a Shanghai lo scorso anno la catena Hilton ha ceduto uno degli hotels storici a Jing Jang Group che quarant’anni orsono aveva sottoscritto l’accordo di gestione seguendo la visione dello Shanghai Municipality Party Comittee e della Municipalità.
Stessa prospettiva dovrebbe accadere, sempre a Shanghai, per l’Okura Garden, un memorabile hotel nato nel 1926 nella Concessione francese.
Quali sono le ragioni che stanno provocando questo ripensamento in un momento dove sia il business alberghiero sia i consumi interni sono sostanzialmente in crescita?
Sono di due tipi: l’innovazione tecnologica e un nuovo concetto di ultimo miglio nella gestione del cliente finale. Entrambe le ragioni sottendono la galassia e-commerce non oggetto di questo articolo.
L’innovazione tecnologica è un refrain ormai improcastinabile e irrinunciabile. Il sistema del 5G e, in futuro, quello del 6G sta portando la Cina ad avere un vantaggio competitivo sul resto del mondo con l’applicazione diretta su tutte le attività quotidiane. Nel giro di qualche anno in Cina ci sarà un cambiamento epocale che influenzerà, e sta già avvenendo in parte, lo stile di vita di ognuno, percentualmente molto più elevato che nel resto del mondo.
Gli acquisti, la distribuzione, le prenotazioni e i pagamenti saranno canalizzati e governati da una autorità superiore che è il 5G, standard che nell’ultimo G20 in Giappone è stato uno dei temi di maggiore contrapposizione tra Stati Uniti e Cina.
Il concetto è analogo anche a quanto avviene nel settore alberghiero. «L’entrata di Hilton e altri brands internazionali in Cina ha ragioni storiche: durante il periodo di Riforma e di Apertura la Cina aveva bisogno di brand per offrire un servizio ai clienti che maggiormente provenivano dall’estero e che incominciavano a visitare il Paese,» ha spiegato recentemente Yu Minliang, presidente e segretario del Jing Jiang International Party Group.
«Oggi, tuttavia, si sta incrementando il numero di clienti, managers e proprietari di hotel che provengono dal mercato domestico. È inevitabile che i brands cinesi diventino prevalenti riflettendo la progressione del moderno lifestyle ed incorporando la cultura cinese e i servizi innovativi», ha sottolineato.
Ancora una volta il sistema Jing Jang ha definito la propria innovazione tecnologica "One Center and Three Platforms” basato sulla caratterizzazione di IoT (Internet of thing) oltre all’attenzione per la gestione economica e finanziaria con l’applicazione di sistemi internazionali di controllo afferenti al flusso di fondi e capitali.
Sempre dalla fucina cinese, laboratorio di creatività tecnologica accomunata alla praticità del business, viene l’esempio della conglomerata Greenland, società statale con il principale core business nelle attività immobiliari ma con aspirazioni nell’hospitality, business in cui è attiva con 92 hotels di proprietà e relativo management.
La previsione è quella di avere 200 hotels entro il 2020 affidandosi ai marchi Primus e Qube ma non disdegnando anche il retail dopo aver creato la catena G-Super che beneficia della centrale acquisti della divisione hospitality.
Questi modelli operativi non possono essere applicati o trasferiti a catene internazionali a cui mancano due presupposti di base, la proprietà degli alberghi e l'efficienza operativa. Tutti gli hotel in Cina sono di proprietà predominante di società cinesi, di Hong Kong o di Singapore come Capitaland. e L’efficienza è generata sia dagli acquisti in grandi volumi sia dalla distribuzione del prodotto quale anello finale nella catena del valore.
Per Carrefour, che pure in Cina ricopriva la quarta posizione nel rank con 319 punti vendita, lo svantaggio è evidente quando il confronto viene fatto con Suning che ha, nel suo settore, circa 11.000 punti vendita. Inoltre il numero di referenze, certamente maggiore in Carrefour rispetto a Suning, è un ulteriore elemento scriminante che fa perdere competitività in rapporto al cliente finale.
Come sostiene Kery Brown, professore del Law China Institute del King’s College di Londra «la classe media cinese è il vero cuore della storia cinese moderna e la voce chiave di come questo fenomeno si dispiegherà». I 400 milioni di consumatori, anche grazie alla rapida urbanizzazione condizioneranno il mercato e la macchina cinese sia sul fronte politico-ideologico che su quello economico dovrà adeguarsi a loro.
* Managing director a Shanghai di Savino Del Bene, azienda di trasporti internazionali e logistica, attiva in Cina da oltre 25 anni.