Il 2023 potrebbe essere l’anno buono per sbloccare l'export di pere italiane in Cina. Almeno questo sperano i produttori dopo la visita ispettiva in Emilia Romagna delle autorità cinesi realizzata per la prima volta in modalità mista, cioè in presenza e in video ispezione, coordinata da Cso Italy, Centro servizi ortofrutticoli, presieduta da Paolo Bruni.
In Emilia Romagna si concentra il 70% della produzione nazionale: per questo esperti cinesi e rappresentanti dell’ambasciata della Repubblica Popolare di Cina a Roma, collegati online con l’Autorità delle dogane di Pechino, hanno visitato i frutteti e gli stabilimenti di alcune aziende verificando le misure messe in atto in modo da contrastare la presenza di organismi ritenuti nocivi dalla Cina.
Cso Italy, nel frattempo, ha predisposto la documentazione integrativa richiesta dai cinesi per gli altri areali che producono pere nel nostro Paese: in base ai risultati delle analisi effettuate, se tutto fila, entro fine 2022 dovrebbe arrivare la bozza di protocollo che prevede le condizioni di export delle pere italiane in Cina. La bozza poi dovrà essere firmata dalle autorità competenti dei due Paesi: se il protocollo sarà approvato entro il primo semestre 2023, le prime esportazioni potrebbero iniziare a fine 2023, non prima che i cinesi abbiano effettuato un'altra visita ispettiva. Secondo Cso Italy, una volta concluso positivamente il protocollo pere sarà la volta delle mele: la successione è stata stabilita con la Cina sin dal 2017.
Ma non è tutto. Il 29 ottobre scorso, infatti, si è conclusa la visita in Emilia Romagna e Calabria anche degli ispettori della Corea del Sud. E, pochi giorni prima, è stata la volta di una delegazione ispettiva di Taiwan in Emilia Romagna, Piemonte e Alto Adige: entrambe sono state coordinate da Cso affiancata, nel caso degli ispettori taiwanesi, da Assomela.
Ebbene anche in questo caso si sono aperte nuove prospettive a breve termine, almeno per quanto riguarda Taiwan, dove l'Italia può esportare mele dal 2019: per ogni campagna di esportazione gli ispettori taiwanesi devono, però, effettuare controlli in loco, soprattutto agli stabilimenti che aderiscono per la prima volta al programma export. La visita del 29 oittobre, fa sapere Cso, è andata bene e non sono state riscontrate criticità “anche grazie al lavoro di squadra che ha coinvolto i Servizi fitosanitari di Emilia Romagna, Piemonte e Alto Adige”. E così, dal 2 novembre scorso, le autorità di Taiwan hanno autorizzato le esportazioni, per la campagna 2022-23, di tutte le aziende coinvolte nel programma.
Terza novità riguarda l’export di kiwi in Corea del Sud: anche qui vige la stessa regola della visita ispettiva per ogni singola campagna. Un ispettore coreano ha visitato a fine ottobre alcune aziende (soprattutto in Emilia Romagna e in Calabria) con relativi frutteti che hanno manifestato interesse a esportare kiwi nel Paese asiatico. In quel Paese. Anche in questo caso, pare che gli ispettori coreani siano rimasti soddisfatti: per questo, gli operatori sono in attesa dell’autorizzazione ufficiale da parte delle autorità di Seoul.
“La disponibilità delle aziende e dei Servizi fitosanitari coinvolti, oltre alla collaborazione del ministero delle Politiche agricole sono state la chiave del successo”, spiega Simona Rubbi, responsabile relazioni Internazionali e istituzionali di Cso Italy. “Sarebbe ora auspicabile quanto da tempo come Cso Italy stiamo chiedendo: l’attuazione del principio di reciprocità con questi Paesi che eviterebbe inutili costi e di fatto annullerebbe le barriere commerciali”. (riproduzione riservata)