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Allarme spesa pubblica da Pechino ispettori in ospedali e province

La spesa pubblica è fuori controllo (con un servizio sanitario insufficiente) e il governo centrale è allarmato dalla crescita dei debiti negli enti locali, che secondo Goldman Sachs ammontano a circa 13 trilioni di dollari americani. Mentre la crisi immobiliare presenta il conto: 100 milioni di appartamenti vuoti


22/08/2023 11:00

di Marco Leporati*

settimanale
Li Qiang, primo ministro cinese

Attraversando le assolate strade suburbane di Shanghai verso le undici del mattino si possono notare nei pressi di cantieri edili crocchi di migranti con il casco protettivo che si affrettano a ritirare il lunch box per il pranzo. Enormi strutture metalliche profilano quello che sarà il modello architettonico finale ma non specificano se avrà vita o rimarrà inanimato.

La contingente crisi immobiliare non è divampata ora come gli incendi stagionali di questo periodo: era in divenire sin dal periodo pandemico e nonostante le attività nel triennio di pandemia fossero parzialmente sospese, l’edilizia è proseguita rampante come le torri emblematiche dei termitai. Quanto si vede oggi non è altro che l’epilogo del portato di quegli anni.

L’oggetto del contendere non è circoscritto a Shanghai ma si allarga come un’alta marea nella Cina intera, e le province sono parte attiva di questa battaglia di retroguardia.

Province che, a causa del Covid e della mancanza di nuovi investimenti, si sono trovate ad ascrivere nei propri libri contabili una montagna di debiti irripagabili. Inoltre, e non è una novità, indirettamente una delle cause è stata la spesa sanitaria per quella parte che riguarda la gestione della pandemia in termini di test PCR e ospedalizzazione nei tre anni trascorsi, e che sconfina nella normale politica sanitaria pur originandosi da differenti centri di costo.

In questo momento in Cina secondo NBS (National Bureau of Statistics) sono presenti sul territorio 25.000 strutture private e 12.000 pubbliche; 160 milioni di persone hanno utilizzato le strutture private mentre 800 milioni quelle pubbliche. Differenza importante che ovviamente lascia spazio da un lato alla corruzione e dall’altro a un servizio scadente, anche perché il governo centrale garantisce solo il 10% dei costi mentre il 90% deve essere generato dalle entrate delle entità ospedaliere.

E proprio su questi due fronti il Governo centrale ha deciso di metterci mano sia nella gestione finanziaria delle province sia nella malsanità, in quanto la spesa sanitaria incide e direttamente condiziona il settore pensionistico.

Il primo intervento concerne la visita ispettiva con gruppi composti da funzionari della banca centrale, del Ministero delle Finanze ed osservatori autorizzati in più di dieci province ritenute non in linea con le procedure finanziarie in vigore per analizzare i contenuti dei libri contabili e le passività concernenti situazioni di opacità amministrativa.

Goldman Sachs, che già aveva diminuito il rating di alcune banche cinesi che avevano finanziato alcune province in posizione debitoria, stima che vi siano debiti totali dei governi locali per circa 13 trilioni di dollari americani derivati da quell’anomalo meccanismo finanziario che viene definito Local governement financing vehicle (LGFV), sorta di strumento finanziario ad uso discrezionale. I risultati prodotti da questo meccanismo non figurano nei bilanci ufficiali ma comunque li condizionano essendo da considerarsi quali uscite non rendicontate destinate ad altre finalità.

Anche la spesa sanitaria che a fronte di costi faraonici non garantisce prestazioni sufficienti ai cittadini cinesi, specialmente alla fascia degli anziani che già si ritrova con pensioni al di sotto del minimo di sostentamento, è nel mirino ispettivo. Oggi in Cina sono 209 milioni gli anziani con oltre 65 anni, ed il piano di assistenza medica rurale prevede che vi sia un rimborso fino al 70% dell’ospitalizzazione sostenuto e un tetto di mille euro l’anno per le spese relative a visite e medicinali.

I trattamenti pensionistici sono mediamente pari a 250 euro mensili, ed è in fase di studio una bozza di legge presentata qualche settimana fa con la finalità di creare un piano pensionistico privato che possa coprire con un importo esente fiscalmente di 1500 euro all'anno l’attuale pensione maturata.

A questo riguardo, la CCDI (Commissione centrale per l’ispezione disciplinare), a partire dallo scorso mese di luglio, ha deciso di verificare 180 ospedali segnalati quale centro di corruzione come dalla lista compilata dalla società di media Shangyou News, secondo il China Daily.

Queste province avevano forse la speranza che con la ripartenza dell’economia post covid si potessero avere introiti provenienti dalla vendita delle aree fabbricabili piuttosto che di nuovi insediamenti produttivi, con le aspettative di entrate fiscali che potessero ripagare i debiti pregressi. Purtroppo questa prospettiva non si sta avverando. Il dato saliente è il periodo di accumulo di questi debiti. La pandemia non ha modificato l’aspetto comportamentale della gestione contabile.

Buona parte di responsabilità è da attribuirsi ai developers che, con visioni ottimistiche o solamente di pura convenienza lucrativa, si sono arrischiati a persistere nell’acquisizione di aree edificabili: il tutto sotto scacco della scadenza di reale edificazione.

Evergrande, durante la pandemia, aveva lanciato il segnale di allarme nel settore immobiliare cinese con la restituzione alla municipalità di Chongqing di un’area fabbricabile che si sarebbe rivelata un progetto senza compratori. Oggi ha presentato il conto al mercato azionario americano richiedendo la procedura concorsuale o piano per i creditori sulla base dell’art 15.

Già fin d’allora si poteva immaginare Evergrande quale punta di un iceberg che, come i ghiacci dell’Artide, si sarebbe sciolto velocemente. E così è avvenuto tra esitazioni e tentativi di soluzioni da applicare ad altri conglomerati immobiliari, anch’essi senza futuro sui quali primeggia il Country Garden.

Ora tutta questa polifemica massa inerte di costruzioni sarà destinata ad essere inabitata. Si era segnalato qualche anno fa che vi erano in Cina 50 milioni di appartamenti (non vani) vuoti, sia già acquistati sia in attesa del fatitico compratore; dati ufficiali non ne risultano ma sembrerebbe che questo numero sia raddoppiato.

Si continua ad invocare gli stimoli economici ed il sentiment come panacea di propensione agli investimenti in questo Paese. Purtroppo in questo momento, ancorché i tassi di interesse siano stati ridotti ulteriormente, questo sentiment è evaporato e nessuno può predire se si riformerà non in un stato alluvionale ma in una leggera pioggia primaverile. (riproduzione riservata)

*presidente di Savino del Bene Shanghai Co. Vive e lavora a Shanghai da 30 anni


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