Secondo gli strategist di Bank of America, i fondi che investono nelle azioni cinesi, sotto pressione da un paio di anni, hanno appena registrato i maggiori afflussi settimanali di sempre. La cifra record di 19,8 miliardi di dollari è infatti stata investita in fondi focalizzati sulle azioni cinesi nella settimana chiusa il 7 febbraio, una «pazzia probabilmente guidata dagli investitori sostenuti dallo Stato», secondo quanto riporta il team di BofA guidato da Michael Hartnett.
La cifra rappresentava la quasi totalità (20,8 miliardi di dollari, il massimo storico) di liquidità riversata nelle azioni dei paesi emergenti, spiegato gli analisti, citando i dati di EPFR Global.
La scorsa settimana si è assistito a un forte rimbalzo delle azioni cinesi continentali, l'indice CSI 300 ha registrato la sua settimana migliore dal 2022, allontanandosi dal minimo quinquennale toccato il 2 febbraio. Al contrario, i guadagni dell’indice MSCI China, che è più ponderato verso le aziende cinesi quotate a Hong Kong e negli Stati Uniti, sono stati più tiepidi.
La differenza è in parte determinata dall’acquisto da parte dello Stato di asset onshore. All'inizio della scorsa settimana, per esempio, il fondo sovrano Central Huijin Investment ha promesso di acquistare più azioni di tipo A.
Gli strategist di Goldman Sachs Group hanno stimato che gli acquisti statali di azioni cinesi onshore sono ammontati a 70 miliardi yuan (9,7 miliardi di dollari) il mese scorso, a gennaio.
L'afflusso di investimenti sulle azioni cinesi da parte di fondi d'investimento segue di pochi giorni la nomina del nuovo presidente della Borse cinesi, Wu Qing, a capo della China Securities Regulatory Commission (Csrc), l'autorità di regolamentazione del mercato locale, soprannominato il "macellaio dei broker" per il giro di vite normativo attuato nei confronti dei trader nella metà degli anni 2000.
Inoltre, secondo indiscrezioni di stampa di fine gennaio, Pechino ha allo studio un pacchetto di salvataggio sostenuto da denaro offshore per arginare il crollo dei suoi mercati azionari. Le autorità starebbero puntando a ottenere circa 2.000 miliardi di yuan (278 miliardi di dollari), principalmente attraverso i conti offshore delle società statali cinesi, per aiutare a stabilizzare il mercato acquistando azioni onshore attraverso i mercati di Hong Kong.
I responsabili politici cinesi avrebbero anche accantonato 300 miliardi di yuan, quasi 42 miliardi di dollari, di fondi locali che verrebbero utilizzati per investire in azioni onshore attraverso le società finanziarie statali, la China Securities Finance Corp. e Central Huijin Investment Ltd.
Da Hong Kong arriva intanto la notizia che lo studio legale statunitense Latham & Watkins sta interrompendo l’accesso automatico ai database internazionali per gli avvocati con sede a Hong Kong, segnale che un più stretto controllo del territorio da parte di Pechino sta costringendo le aziende internazionali a ripensare il modo in cui operano in Cina.
Il secondo studio legale con i maggiori incassi al mondo, scrive l’FT, ha spiegato al personale che mentre Hong Kong avrà accesso per impostazione predefinita ai documenti cinesi, da questo mese non saranno in grado di vedere altri contenuti nei database internazionali senza specifica autorizzazione.
La decisione, spiega il Financial Times, sottolinea le crescenti difficoltà per le aziende estere che operano in una città, Hong Kong, che si è affermata come centro finanziario internazionale. Questo accade dopo che Pechino ha introdotto nuove leggi anti-spionaggio sui dati, che limitano i flussi di informazioni fuori dal Paese. (riproduzione riservata)