Il rischio da evitare dell’accentuarsi dello scontro tra Cina e Stati Uniti, nel caso dovessero avere la meglio i falchi di entrambe le parti, è quello di una “Guerra di Corea economica”. Un tale scenario vedrebbe la Repubblica popolare subire danni molto più severi di quelli della controparte. A Pechino “ci sono però funzionari ragionevoli e con un’adeguata sensibilità”, capaci quindi di contrastare la linea dura, spiega Stephen Li Jen, ceo di Eurizon SLJ Capital.
“Sebbene nessuno voglia parlare di politica nelle proprie analisi economica, considerazioni politiche (l’approfondirsi dello scontro politico tra la Cina di Xi e gli Usa di Trump, ndr) hanno implicazioni sui mercati, maggior parte della quali non sono positive”, aggiunge il top manager.
Un’ulteriore escalation delle tensioni commerciali sarebbe negativa per lo yuan, anche se con impatti relativamente modesti, ma soprattutto per le valute emergenti, che dovrebbe subire pressioni al ribasso, in quanto l’importanza della divisa cinese sta diventando sempre più influente per questa valute a scapito del dollaro. Al momento a un yuan stabile corrisponde stabilità anche per gli emergenti. Se però il renminbi (altro nome della moneta cinese) cala, nonostante una Fed colomba, lo stesso fanno i tassi delle valute emergenti.
Sul lungo andare potrebbero esserci anche effetti negativi sull’euro. Come in passato, spiega Stephen Li Jen, la moneta unica è stata vista come un porto sicuro dagli investitori. Dopo un rally temporaneo si è però assistito a una calata, che a detto di Eurizo SLJ potrebbe rimprendersi.
In questo contesto la strategia cinese per uscire dalla disputa commerciale potrebbe essere improntata all’attesa del voto statunitense del 2020, nella speranza che a vincere sia un presidente democratico, percepito come più malleabile. “Si tratta di una strategia strana”, ha rimarcato Li