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Azienda Finanza

Tra banche forti e correntisti deboli, nubi sulla crescita in Cina

L'inflazione è sotto controllo, a differenza che in Usa e in Europa, ma le rigidità del sistema finanziario e la crisi del sistema delle banche locali e rurali non consentono di finanziare adeguatamente la ripresa, nonostante la forte capitalizzazione delle grandi banche statali


21/07/2022 17:15

di Marco Leporati*

settimanale
Mario Huang Yu, general manager Intesa Sanpaolo Shanghai

Tra le varianti che stanno lambendo la Cina quella del virus inflattivo ancora non ha attecchito. Infatti, l’inflazione cinese, dagli ultimi dati pubblicati, è ad un livello del 2,5% (Consumer price index), ben lontano dai valori del 9,1% e 8,6% rispettivamente di Usa ed Europa. L’indice dei prezzi di produzione è sceso al 6,1% a giugno rispetto al 6,4% di maggio consentendo di mantenere un equilibrio con la domanda del mercato.

Ma se l'inflazione è per ora tenuta sotto controllo, altre sono le preoccupazioni con cui gli analisti guardano all'economia cinese in questa fase, e fra queste vi è la situazione delle banche e del mercato finanziario. I risultati del secondo trimestre, nel settore bancario, sono deludenti da un lato con una crescita estremamente risicata nella scomposizione dei dati per singola città o provincia che hanno toccato il fondo con un meno 13,7% della città di Shanghai rispetto al 2021, penalizzata dal prolungato lockdown di maggio.

«Sono presenti delle criticità che non permettono uno sviluppo degli operatori in posizione di mercato debole tenendo anche conto di quanto sta accadendo all’economia cinese per la pandemia e per le conseguenti politiche di gestione confermative dello zero covid», ha osservato Mario Huang Yu, General Manager di Intesa Sanpaolo Shanghai Branch, punto di riferimento per le aziende italiane supportate con servizi e prodotti anche in valuta locale e nello stesso tempo ponte per gli investimenti cinesi in Italia attraverso un Protocollo di intesa sottoscritto nel novembre 2021 con ICBC e Fondazione Italia Cina.

Mario, arrivato in tenera età in Italia dalla Provincia cinese dello Zheijiang, ha seguito un percorso di studi che gli ha fatto conseguire in Bocconi la laurea in Economia dei mercati e delle istituzioni finanziarie. Dopo la laurea è entrato nel 2003 alla Direzione centrale di Banca Intesa nel Dipartimento internazionale nelle funzioni del Credit analysis e marketing. Nel 2006 è rientrato in Cina e nella filiale di Shanghai ha ricoperto incarichi di Credit Manager, Responsabile dell’Italian Desk e del Global Corporate Desk fino alla promozione nel 2019 nell’attuale incarico.

Tuttavia la recente indagine di Banker ha messo in luce, nella classifica mondiale delle prime venti banche con un’alta percentuale di capitalizzazione, la presenza di ben cinque banche cinesi rispettivamente tre nelle prime posizioni, ICBC (Industrial Commercial Bank of China), China Construction Bank, Agriculture Bank of China, e di Bank of China alla quinta, Bank of Comunication alla decima e Pudong Development Bank alla diciottesima.

Una delle ragioni di questo posizionamento deriva dal fatto che i grandi players dell’economia cinese sono società a capitale pubblico che dragano finanziamenti statali orientati sia verso gli investimenti infrastrutturali sia nel real estate e questa massa di danaro fluttuante nel mercato domestico ed anche verso l’estero, soprattutto correlato ai progetti di Belt&Road, fa sì che per esempio la ICBC abbia un TIER 1 di oltre 10.000 miliardi di dollari di capitalizzazione.

La Cina possiede più del doppio del capital Tier di 3.38 miliardi con centottantasei banche, equivalente al doppio delle attività di raccolta americane.

Queste istituzioni creditizie rappresentano i tre quarti del credito in Cina mentre invece, oggi, le banche straniere possiedono solo l’1% dell’attivo del sistema finanziario e la liberalizzazione del sistema bancario è avvenuta troppo tardi. «Il Regulatory restrictiveness index non si è mosso per le banche negli anni recenti», ha spiegato Mario Huang.

Il resto del sistema è rappresentato da oltre 4.000 banche commerciali cittadine e banche rurali disseminate sul territorio di piccole città e di cluster di piccole e medie aziende manufatturiere che, in questo momento, a causa delle difficoltà del mercato immobiliare, non sono in grado di erogare non solo mutui ma anche gli importi di danaro ai correntisti di queste filiali anche per problemi derivanti dalla gestione dei fondi negli anni passati con interessi attivi superiori di gran lunga agli istituti di credito sopra menzionati.

I tassi di interesse sono ancora relativamente bassi e la Banca Centrale (People's Bank of China) non ha per il momento intenzione di rivederli al rialzo avendo confermato il Loan Prime rate ad un anno al 3,70% seguendo il principio M2 di una massa monetaria proporzionata rispetto alla somma dell’indebitamento e alla crescita del GDP: manovra monetaria moderatamente espansiva e selettiva.

Questa crescita limitata e soprattutto il lockdown shanghainese hanno comportato anche una minore entrata del gettito fiscale; il Governo Centrale oggi si trova davanti a diverse sfide per questo secondo semestre. Mario Huang riporta un vecchio detto dell’allora primo ministro Wen Jiabao nel 2009 a proposito dell’inflazione vista come “una tigre che deve essere rinchiusa nella gabbia”.

Come espandere il volume del credito a fronte di investimenti immobiliari che si stanno consumando? Le prese di posizione di privati cittadini che erano propensi all’acquisto di un immobile ma che oggi si rifiutano di corrispondere le rate residue del mutuo che avevano acceso per timore che altri developer, sulla scia di Evergrande e Shimao, possano trovarsi tra qualche mese in bancarotta, lasciano intravvedere un orizzonte fosco.

Ad aggravare la situazione è la diminuzione delle vendite retail: gli ultimi dati del commercio online pubblicati dal Ministero del Commercio lo scorso 15 luglio indicano una crescita del cross border trade solo dello 0,5% rispetto allo stesso periodo 2021 e nel retail per il primo semestre è stato solo del 3.1% con un consistente calo nel settore dei cosmetici (-31%) e dell’abbigliamento (-28%). (riproduzione riservata)

*presidente di Savino del Bene Shanghai Co.LTD. Vive e lavora a Shanghai da oltre 25 anni


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