La maggior parte dei brand del settore lusso, da Ferrari a Hermès, ha registrato una domanda robusta, anche durante il secondo trimestre dell'anno, in particolare per i clienti in Cina e in Nord America.
Nella Cina continentale, dove i negozi sono stati aperti durante il secondo trimestre, si sta registrando il classico fenomeno di "revenge spending", con i consumatori che sono tornati prepotentemente a fare acquisiti. “Le vendite di moda e di pelletteria sono aumentate di oltre il 60% nel trimestre. Nel frattempo, Tiffany ha registrato un aumento del 90% delle vendite nel mese di maggio nella sola Cina, e Nike, pur essendo un marchio più wholesale, è tornata a crescere sei settimane prima del previsto nella Cina continentale”, hanno evidenziato gli analisti di Gam, un gestore di fondi d'investimento specializzato sui mercati orientali.
Se la crisi ha infatti colpito i brand in modalità abbastanza uniforme, il rimbalzo sta differenziando i marchi in base alle loro reazioni e alla loro reputazione. “In tempi come questi, i consumatori tendono a preferire marche che conoscono meglio. Guardando verso la ripresa, crediamo che emergerà nuovamente la polarizzazione delle performance che abbiamo visto prima del Covid-19, differenziando ulteriormente i vincitori e i perdenti”. Per gli addetti ai lavori del settore, il peggio sembra dunque essere passato ed il declino del secondo trimestre andrà diminuendo nel terzo quarto dell’anno.
Questa opinione largamente diffusa è certificata anche da una serie di numeri incoraggianti: Prada, ad esempio, ha registrato un calo delle vendite a una sola cifra nel mese di luglio, una ripresa notevole rispetto ai mesi precedenti. Un'azienda come Ferrari, molto orientata all'offerta, ha visto gli ordini crescere di due cifre a luglio. Tuttavia, a seconda del ramo specifico, la ripresa potrebbe configurarsi in maniera non omogenea, agevolando particolari settori del lusso rispetto ad altri.
Secondo Gam, “la chiave è aspettare e vedere fino a che punto tutto ciò sarà sostenibile. Categorie come la gioielleria di alta gamma, così come la pelletteria, avranno probabilmente un forte ritorno, dato che si tratta di articoli acquistati a bassa frequenza, e quindi potrebbero beneficiare di una domanda repressa. L'abbigliamento, al contrario, è un articolo ad alta frequenza che potrebbe soffrire a causa della perdita di opportunità di acquisto”. Inoltre, è bene evidenziare che il 35% della domanda del settore è costituita da consumatori cinesi, con poco più della metà di tale valore legato ai turisti cinesi al di fuori della zona continentale del Paese.
“Stiamo assistendo a una crescita massiccia dei consumi di lusso all'interno della Cina, stimolata dall'impossibilità dei consumatori di effettuare spese durante i viaggi internazionali”. Per tale motivo, anche in questo settore, l’avvento della tecnologia sarà fondamentale in termini di differenziazione e di offerta.
“Nel complesso, i marchi più forti hanno compiuto sforzi elevati per migliorare il loro servizio e-commerce rispetto ai marchi più deboli. Il 50% delle vendite di L'Oreal in Cina sono ora online, guidate da iniziative come il live-streaming. Prima della crisi, l'online rappresentava il 7-8% delle vendite del settore, e prevediamo che questo dato raddoppierà dopo la crisi” concludono gli esperti. (riproduzione riservata)