«Nel mese di aprile abbiamo registrato in Cina una crescita di vendite del 20% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente», ha raccontato Stefano Rosa Uliana, ceo del gruppo dell'arredamento Calligaris che controlla oltre all’omonimo brand anche Connubia, Ditre e Luceplan.
La Cina sta riconfermando il ruolo di traino della produzione dell’arredo made in Italy, che vale 27,7 miliardi e sale a 42,5 se si include tutta la filiera legno-arredo, ed esporta nel Dragone per 440 milioni di euro.
«Avevamo un magazzino ben nutrito e nonostante il lockdown siamo riusciti a evadere tutte le richieste. Il far east rappresenta per noi un mercato importante e in forte crescita: per questo motivo abbiamo in programma di aprire una filiale cinese, con un magazzino in loco, che ci permetterebbe di continuare a rispondere alle esigenze dell’area e sviluppare in maniera più consistente il contract».
Calligaris, che ha chiuso il 2019 superando 162 milioni di euro di fatturato, ha aperto proprio in questi giorni un nuovo store a Guangzhou che va a sommarsi agli altri cinque inaugurati in Cina l’anno scorso.
La dinamicità del mercato cinese, per cui l’Italia è storicamente il primo fornitore di arredamento, è anche al centro del dibattito del Salone del mobile. Milano, dopo aver deciso di rimandare l’evento milanese al 2021, conferma per ora la data di Shanghai (25/27 novembre). Nella scorsa edizione l’evento aveva radunato 127 espositori, tra cui 25 nuovi brand, e 20mila presenze.
«Il Salone del mobile di Milano è l’orologio che regola il calendario dell’arredo: ad aprile presentiamo le novità, fra maggio e giugno sigliamo gli accordi commerciali e poi durante l’estate lavoriamo sulle produzioni per portarle negli store a ottobre. Quest’anno non sì è potuto seguire questo iter, ma non potevamo stare fermi e allora abbiamo deciso di rompere lo schema tradizionale e ripartire dalla Cina», ha commentato Pasquale jr Natuzzi, creative director & stylist di Natuzzi che nel 2019 ha fatturato 387 milioni di euro.
Il marchio pugliese, noto nel mondo per i divani in pelle, ha scelto con un certo spirito anticonformista di presentare per la prima volta nella storia del design italiano la sua nuova collezione nel suo store di Shanghai con un evento in programma a giugno. «Abbiamo puntato sulla Cina perché rappresenta per noi uno dei mercati di maggiore successo: Natuzzi è presente in 123 paesi, ma oltre il 25% dei volumi arrivano proprio dalla Cina attraverso una rete di 60 monobrand di cui alcuni di proprietà».
È un mercato in forte crescita e per questo rappresenta per il brand una macchina che va alimentata costantemente. Durante i mesi del lockdown europeo, infatti, sono continuate ad arrivare richieste dalla Cina di prodotti d’arredo made in Italy: «Poterle soddisfare è stata una bella sfida, ma anche un traino che ci ha permesso di continuare ad andare avanti. Proprio con l’obiettivo di non interrompere il flusso con il mercato asiatico, il prefetto di Bari ci ha consentito di riaprire l’area ricerca & sviluppo così come quella produttiva già due settimane prima del 4 maggio», ha concluso Natuzzi jr.
Anche Italian design brands, holding da 150 milioni nel 2019 e che raduna sotto la propria ala sette aziende, Gervasoni, Meridiani, Cenacchi international, Davide Groppi, Saba Italia, Modar e Flexalighting, già da alcuni anni presidia il mercato cinese come gruppo con una filiale vicino a Shanghai che ha aperto ufficialmente i battenti alla fine del 2019.
«Il mercato cinese è per alcuni versi unico al mondo», ha spiegato Giorgio Gobbi, managing director del gruppo guidato da Andrea Sasso, e amministratore delegato di Meridiani, «prima di tutto in Cina esistono quasi solo negozi monomarca, i clienti sono nativi digitali e la seconda generazione di persone abbienti ha sposato in modo incondizionato lo stile moderno e il design, diversamente da ciò che è accaduto negli Stati Uniti, per esempio, dove resiste il classico».
Avere un presidio locale rappresenta dunque una scelta di vicinanza a un’area peculiare e di crescita potenzialmente molto robusta. «Dopo il lockdown abbiamo capito che in Cina sta per accadere un fenomeno importante, ovvero la valorizzazione dell’ambiente-casa. Ecco perché alcuni progetti residenziali che erano in programma sono ora in fase di completo ripensamento. Le esigenze, infatti, sono già cambiate. Per esempio, bisogna configurare uno spazio per l’home office, che prima non c’era»
Nonostante sui negozi non si sia visto dalla riapertura un fenomeno di revenge spending, il mercato cinese ha risposto subito bene attraverso la rete di partner locali e clienti. «Il mobile potrà senz’altro ripartire dalla Cina, che ora è già pronta e in qualche anno rappresenterà la maggiore fonte di crescita per il settore. In Europa ci sarà una ripresa del retail, mentre lì si lavorerà più su progetti residenziali».
Il gruppo, dopo aver messo le basi in loco con una filiale e 5 monomarca (quattro di Meridiani e uno di Gervasoni) per il 2020 sta pianificando altri opening per Gervasoni e nuovi approdi per Saba. (riproduzione riservata)