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Corsa all'oro in Cina, vendute 675 tonnellate per la gioielleria

Cina e India controllano il 60,53% del mercato globale. La domanda di metallo giallo è alta in diversi settori, ma l’uso in gioielleria resta in cima alla classifica del terzo trimestre a 67,17 milioni di once. Il distacco dalle richieste per investimento è rilevante: 30,56 milioni. Subito dietro la domanda di lingotti con 30,52 milioni.


07/11/2022 13:43

di Francesca Gerosa - Class Editori

Oro

Oro sempre più richiesto dai gioiellieri, con Cina e India che controllano il 60,53% del mercato globale. La domanda di metallo giallo è alta in diversi settori, ma l’uso in gioielleria resta in cima alla classifica del terzo trimestre a 67,17 milioni di once. Il distacco dalle richieste per investimento è rilevante: 30,56 milioni. Subito dietro la domanda di lingotti con 30,52 milioni. Mentre l'industria e l'elettronica occupano rispettivamente il quarto e quinto posto con 11,7 e 9,61 milioni. Un po’ a sorpresa in coda ci sono le banche centrali (9,19 milioni), seguite dalle monete (7,07 milioni).

Nel 2021 ha dominato la Cina con 675 tonnellate vendute per la gioielleria e una quota di mercato del 31,77%, mentre i consumatori indiani hanno acquistato 611 tonnellate (28,76%). Tutto il sudest asiatico (Indonesia, Thailandia, Vietnam, Singapore e Malesia) ha comprato 64 tonnellate. Tra gli altri principali consumatori di oro da gioielleria figurano Stati Uniti (149 tonnellate), Europa (68 tonnellate), Turchia ed Emirati Arabi Uniti (68 tonnellate), mentre il resto del mondo ha acquistato 489 tonnellate (23%). La Cina è in testa, spiega Finbold, guidata da una classe media in crescita e dall'idea che possedere oro dimostri una buona lungimiranza finanziaria. A facilitare tutto questo non è solo il calo dei prezzi del metallo ma anche il venir meno dei lockdown nelle principali città e di alcune politiche favorevoli, come l'abolizione del divieto di possedere oro privatamente. A differenza della Cina la popolazione rurale indiana ha invece una profonda affinità con il lingotto per via della sua portabilità e della sua capacità di fungere da prodotto di investimento, a maggior ragione ora con l'inflazione alle stelle. Tra le 68 tonnellate di gioielli in oro dell’Europa una fetta è dell’Italia, che ha visto nell’ultimo biennio un recupero straordinario del settore orafo in termini di produzione (+12,5% tra il 2019 e il 2021) e fatturato (+17,3%).

La congiuntura favorevole è proseguita anche nella prima parte di quest’anno: tra gennaio e agosto il fatturato del settore gioielleria e bigiotteria è cresciuto di un ulteriore 27,1%, segnala a Milano Finanza Stefania Trenti, responsabile industry research, direzione Studi e Ricerche Intesa Sanpaolo. «Questi ottimi risultati sono il frutto del recupero della domanda post-Covid, sia in Italia che all’estero, ma soprattutto della capacità delle imprese italiane di cogliere le opportunità legate alla crescita del segmento del lusso, nettamente più dinamico», sottolinea Trenti. Si tratta di una trasformazione importante che ha visto il Made in Italy del gioiello affermarsi nel mondo come sinonimo di bellezza e qualità durature, grazie alla presenza nel Paese di un know how produttivo straordinario, che coniuga artigianalità, tecnologia e creatività. Non a caso, ricorda l’esperta, negli ultimi anni i principali player del lusso, in particolare francesi, hanno potenziato la loro presenza in Italia, diventata il principale hub produttivo del lusso, non solo nella gioielleria.

Ma ora si prevede un rallentamento. La domanda per consumi è vista soffrire perché l’inflazione condizionerà l’evoluzione degli acquisti di molte famiglie, secondo Trenti. Che precisa che il peso diretto di Russia e Ucraina sull’export italiano di gioielli in oro è molto limitato: nel 2021 le esportazioni dirette pesavano per lo 0,4% e lo 0,2% rispettivamente, ossia poco più di 36 milioni di euro (a fronte di 6,6 miliardi totali). «Bisogna però sottolineare che il mercato mondiale dei gioielli è scaratterizzato da flussi indiretti e triangolazioni legate al significativo peso dei dazi tariffari. Non si può pertanto escludere che i consumatori di questi Paesi, in particolare i russi, abbiano acquistato gioielli Made in Italy veicolati attraverso altri Stati, come Svizzera o Emirati, tradizionali hub per i prodotti del settore, o più recentemente Irlanda e Turchia. Un ruolo importante poi era giocato dai flussi di turisti in arrivo in Italia», aggiunge. La domanda mondiale di gioielli potrebbe comunque beneficiare dell’ulteriore possibile rilassamento delle restrizioni relative al Covid, come si è visto durante i mesi estivi sia sul mercato cinese sia su quello indiano. Al contempo il posizionamento del gioiello Made in Italy sulla fascia più alta della gamma potrà in parte mettere al riparo dal rallentamento dei consumi. (riproduzione riservata)


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