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Design e moda possono ripartire puntando su Cina e multicanalità

Al Milano Fashion Global Summit 2020 si sono confrontati, tra gli altri, Giuseppe Di Nuccio, ceo di ItalianCreationGroup (arredamento) e Stefano Canali, Per lui i driver della crescita sono storytelling, sostenibilità e nuovi mercati. Storicamente votato all’export (circa il 90% della produzione), Canali esporta da oltre 25 anni in Usa, Cina, Russia, Canada


27/11/2020 12:27

di Roberta Maddalena - Class Editori

Moda
Giuseppe Di Nuccio e Stefano Canali

Giuseppe Di Nuccio, ceo di ItalianCreationGroup, holding industriale che aggrega brand di design di alta gamma, e Stefano Canali, numero uno dell’azienda di abbigliamento lombarda, si sono confrontati al MFGS-Milano Fashion Global Summit 2020 sulle nuove frontiere del lusso.

«Il mondo del design sta attraversando una fase di trasformazione; se negli anni 90 il focus era l’automotive o la moda, oggi c’è un interesse maggiore nei confronti dell’arredo», ha spiegato Di Nuccio. «Per continuare a stimolare il consumatore, anche in una fase di forte transizione come quella innescata dalla pandemia, è necessario comunicare in maniera diversa e intercettare i nuovi bisogni della società».

Il manager ha invitato a osservare l’esempio delle grandi realtà oltreoceano, «che hanno saputo sfruttare il momento di stallo per spingere l’acceleratore su una strategia omnichannel perfettamente integrata». Dello stesso parere è Canali, che nei mesi di lockdown ha saputo puntare su un offerta di abbigliamento smart casual, «interpretazione dell’esigenza di comfort che oggi deriva dallo stare a casa».

Con un occhio alla Cina, dove la ripresa nel comparto lusso è già in essere da diversi mesi: «Tra fine aprile e maggio abbiamo raddoppiato con un partner in franchising la presenza dei nostri negozi diretti, ora a quota 11. Dobbiamo essere consapevoli dell’importanza che la filiera moda ha per il Paese, e non dimenticare che oltre al digitale è lo storytelling di un brand a fare la vera differenza», ha detto Canali.

Storicamente votato all’export (circa il 90% della produzione), il marchio poggia da oltre 25 anni su Usa, Cina, Russia, Canada e, naturalmente, Italia: «Se penso in particolare alla Cina», ha proseguito Canali, «la cui platea di consumatori non è mai stata legata per fattori socio-culturali all’abbigliamento formale a differenza dell’Occidente, da qualche anno siamo passati al total look, estendendo la nostra offerta prodotto oggi il risultato di una commistione fruttuosa tra quello che era inteso prima come formale e lo stile casual, più vicino alle esigenze del pubblico asiatico».

Per Di Nuccio, infine, altri due fattori guideranno la ripresa del lusso: una maggiore attenzione verso la sostenibilità e l’esigenza di “legarsi di più al mercato domestico, pur mantenendo una visione globale”. (riproduzione riservata)


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