Il distretto orafo vicentino ha esposto i suoi gioielli pochi giorni fa, a Singapore dove si è tenuta, dal 27 al 30 settembre, Jewellery & Gem World, la più grande fiera b2b di settore del continente asiatico che quest'anno ha sostituito l’appuntamento storico di Hong Kong, ancora offlimits a causa del Covid.
Le aziende italiane a Singapore sono state un’ottantina tra produttori orafi e di macchinari, quelle vicentine erano una trentina, supportate dalla Camera di Commercio di Vicenza. L'obiettivo era incontrare i buyer dei mercati più interessanti del South East e del Far East asiatico come indonesiani, malesi, thailandesi, vietnamiti, filippini, giapponesi, coreani.
Partecipare alla manifestazione ha fatto decisamente bene al settore, anche perché, come attesta uno studio di Bain & Co., nel 2025 il mercato del lusso cinese avrà una quota mondiale del 46%. Attenzione però, perché per quanto riguarda i gioelli made in Italy, la porta per il mercato asiatico resta sempre quella dei grossisti di Hong Kong, che però ultimamente si è ristretta. Secondo i dati elaborati dal Centro Studi di Confindustria Moda per Federorafi, nei primi cinque mesi del 2022 è proseguito il calo dell’export orafo italiano verso la piazza di Hong Kong che è stato dell'1,6% per le vendite dirette pari a 3,4 milioni di euro in meno in valore con un export complessivo di 201 milioni di euro.
L'export verso la Cina, dal canto suo, dopo il +367,5% registrato a gennaio-maggio 2021, ha fatto registrare un anno dopo (gennaio-maggio 2022) un calo del 21,9% pari a 7,4 milioni di euro in meno in valore. Una brutta notizia visto che, in sostanza, la Cina, con 26,3 milioni di euro, è scesa dalla 18a alla 26a posizione nella classifica delle destinazioni mondiali dell’export nazionale di settore.
L’export del gioiello made in Italy continua a essere trainato dagli Stati Uniti in rialzo del 24,5% da gennaio-maggio 2022, con +115 milioni di euro, primo mercato con una quota del 14,4% dell’export settoriale: al secondo posto c'è la Svizzera (+31,4%) e terzi sono gli Emirati Arabi Uniti (+23,3%).
Ma gli operatori del distretto vicentino, pur testimoniando la vivacità della domanda americana e di quella di Dubai per l’area mediorientale, esprimono fiducia nello sviluppo dei mercati del Sudest asiatico. Non nascondono, però, le difficoltà in Cina, sia a causa delle limitazioni ai viaggi causate dal perdurare del covid, sia dal difficile approccio per i marchi che non sono brand globali, come Fope, azienda leader del vicentino.
Secondo questi operatori, per conquistare il mercato del Paese del Dragone serviranno sempre di più le strategie di marketing online, soprattutto per i marchi poco conosciuti che avranno anche bisogno di una rete fisica locale nelle aree su cui vogliono puntare. «La presenza di una rete offline è determinante, soprattutto se si parla di brand non ancora conosciuti in Cina - spiega il direttore Italia dell'Hong Kong Trade development council, Gianluca Mirante - Una novità rilevante che riguarda i brand Italiani è il progetto della Gba, ossia Greater bay area, che prevede l’integrazione di Hong Kong con la provincia del Guangdong e Macao, e che garantirà un gran numero di buyer provenienti da una delle aree più ricche dell’intera Cina». (riproduzione riservata)