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Tavares, ceo Stellantis, conferma: per ora ci ritiriamo dalla Cina

Troppi rischi geopolitici. Così il manager giustifica la scelta di interrompere gli investimenti di Opel e Jeep per il mercato elettrico cinese. Ma dietro la mossa si percepisce la preoccupazione per l'aggressività dei costruttori cinesi di auto elettriche che stanno sbarcando in Europa con prezzi molto più concorrenziali


20/09/2022 12:19

di Francesco Bertolino - Class Editori

settimanale
Carlos Tavares, ceo di Stellantis

Dopo l'annuncio a sorpresa di Opel di sospendere i piani di espansione in Cina, Carlos Tavares, ceo del gruppo Stellantis, a cui appartiene il marchio Opel, è tornato oggi sull'argomento Cina in occasione di un incontro con la stampa all'Heritage Hub a Mirafiori.

«Ci stiamo confrontando con le autorità cinesi, le linee di comunicazione sono aperte. La crisi geopolitica ci costringe a rivedere piani e prendiamo le nostre decisioni tenendo conto delle tensioni geopolitiche. Il nostro compito è di anticipare le conseguenze», ha detto Tavares, «in Cina andiamo avanti con la strategia asset-light». Stellantis ha recentemente sciolto la jv in Cina anche per la produzione di Jeep.

Opel, il cui programma di espansione in Cina era stato annunciato a luglio del 2021, doveva diventare la testa di ariete che avrebbe finalmente permesso a Stellantis di sfondare nel mercato cinese dell'elettrico.

Il costruttore di Rüsselsheim avrebbe dovuto approdare nel Paese con un'offerta 100% elettrica, in linea con le preferenze dei consumatori asiatici, e aveva anche ufficializzato un accordo con la cinese Svolt per la fornitura di batterie in loco. Niente di tutto ciò accadrà, almeno nel prossimo futuro. Come giustificazione del brusco dietrofront, la casa tedesca ha addotto l'aumento delle tensioni geopolitiche e la politica zero-Covid messa in atto dal governo di Pechino.

«A causa delle attuali sfide per l'industria automobilistica, è più importante che mai che Opel si concentri su priorità chiare: qualità, redditività, soddisfazione dei clienti e sostenibilità», ha spiegato un portavoce della società. «In questo contesto e considerando i volumi necessari per avere un impatto reale, Opel sta attualmente accantonando i piani per l'ingresso nel mercato cinese».

Per il ceo di Stellantis si tratta del secondo stop in Cina, primo mercato auto al mondo dal quale il piano strategico del gruppo, Dare Forward, prevedeva un contributo di 20 miliardi di ricavi nel 2030. Come riconosciuto dallo stesso Tavares, quel target è ormai una chimera dopo la rinuncia di Stellantis a conquistare la maggioranza della joint-venture produttiva di Jeep e la successiva retromarcia di Opel.

Soprattutto, il manager portoghese pare entrato in rotta di collisione con il governo di Pechino, cui non ha risparmiato sferzanti critiche. All'indomani dello scontro con Gac sulla jv, Tavares ha accusato le autorità cinesi di protezionismo e di ingerenza negli affari privati. Più in generale, il ceo della casa ha paventato il rischio di un'escalation delle tensioni fra Stati Uniti e Unione europea da un lato, Cina dall'altro.

«Quanto accaduto in Russia e Iran dimostra tutti i rischi di trovarsi in mezzo al fuoco incrociato delle sanzioni, costretti a scegliere fra un blocco e l'altro», ha rimarcato il top manager in una recente conferenza stampa. «Abbiamo quindi preferito adottare in Cina una strategia asset-light, senza stabilimenti di produzione, per evitare di doverli abbandonare in caso di sanzioni». Dichiarazioni che certo non rappresentano un buon viatico per gli affari nel Paese.

Tuttavia le preoccupazioni di Tavares potrebbero essere determinate più che dalla geopolitica dalla scelta strategica di concentrare gli sforzi sul mercato occidentale, dove l'attacco cinese soprattutto in Europa diventa ogni giorno più aggressivo.

Secondo tavares, sul prezzo e quindi sull'accessibilità della auto elettrificate ci sono due grosse incognite: i prezzi delle materie prime che incidono sui costi delle batterie e la concorrenza cinese che sta arrivando in Europa con auto a prezzi molto competitivi.

«La produzione di batterie è direttamente collegata ai prezzi delle materie prime che sono molto volatili e questo poi si trasferisce sui prezzi delle auto», ha spiegato Tavares.

«Altro grosso rischio - ha continuato - è il prezzo di vendita dei veicoli elettrici da parte dei costruttori cinesi che stanno arrivando in Europa. Un fattore positivo per i consumatori, ma se l'industria dell'auto europea non riuscirà a competere, avremo un grosso problema. Per questo stiamo lavorando sull'accessibilità dei prodotti».

A giudicare dai dati pubblicati di recente da Rhodium Group, la prudenza di Tavares non è isolata. Secondo il think-tank americano, negli ultimi dieci anni pochissime imprese europee hanno effettuato significativi investimenti diretti esteri in Cina.

L'arrivo della pandemia nel 2020, in particolare, ha segnato un sostanziale blocco dei nuovi impegni finanziari da parte di aziende prive ancora di una presenza locale. Ciò ha determinato una concentrazione della spesa, con le prime 10 realtà europee ormai responsabili per oltre il 70% del totale annuale di investimenti diretti esteri nel Paese.

Fra loro spiccano diversi colossi dell'auto tedeschi, quali Volkswagen, Bmw e Daimler, che in Cina hanno sì trovato il principale motore di profitto e il primo fornitore di componenti necessari alla svolta elettrica, ma anche in prospettiva un'evidente dipendenza industriale e una pericolosa esposizione geopolitica. Alla luce delle recenti decisioni, Tavares appare più preoccupato dei rischi del mercato cinese che desideroso di coglierne le opportunità di crescita.

Ma un gruppo globale come Stellantis può davvero snobbare il primo mercato al mondo di auto? (riproduzione riservata)


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