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Yang Li (Shang Xia), l'interculturalità muove il mondo moderno

Intervista di MFF-Magazine For Fashion al designer cinese, da settembre allo stile del brand partecipato in maggioranza da Exor. Credo nel minimalismo cinese, ha spiegato tra l'altro, che è romantico e poetico. La Cina non è solo un mercato, ma anche una forza creativa.


23/12/2021 11:17

di Giada Cardo - Class Editori

settimanale
Yang Ly

È stato nominato designer di Shang Xia lo scorso settembre, e a ottobre, a Parigi, ha presentato la sua prima collezione per il brand cinese, partecipato in maggioranza da Exor, che ha affiancato Hermès nell’azionariato assieme alla founder Jiang Qiong Er. «Voglio iniziare una conversazione sulla Cina moderna e su come si inserisce nella scena internazionale», ha detto Yang Li in questa intervista. Classe ’87, lo stilista ha studiato alla Central Saint Martins di Londra e lavorato da Raf Simons prima di fondare la sua label eponima nel 2010. Ad applaudirne il debutto per Shang Xia, John Elkann, ceo della holding degli Agnelli, in cravatta orange Hermès, ma in versione fluo, tra gli statement stilistici del défilé. «Welcome to the new chapter» si leggeva sull’invito allo show.

A che età ha capito che voleva fare lo stilista?

Da skater, ero consapevole di come mi vestivo e della forza comunicativa dell’abbigliamento. Ma solo dopo aver capito che anche quello che indossavo era considerato moda, a 17 anni ho deciso di inseguire questo sogno.

Quale è stato il suo percorso?

Ho studiato alla Central Saint Martins a Londra prima di lavorare con Raf Simons. Nel 2010 ho lanciato il mio marchio, Yang Li.

Lei è nato a Beijing e, prima di Londra, ha vissuto in Australia. Che influenze ha sviluppato stando in questi ambienti? E qual è la sua casa oggi?

Muovermi tra questi contesti mi ha portato a sviluppare una curiosità incessante per il nuovo e il diverso. L’adattamento non fa per me. Restare in movimento permette un alto grado di contemplazione. Oggi mi divido tra Parigi e Londra.

Che cosa la affascina dell’interculturalità? Come si esprime questo concetto nella sua prima collezione per Shang Xia?

L’interculturalità muove il mondo moderno. È attraverso la collisione di idee e culture che emerge il nuovo, e da Shang Xia desidero esprimere un’estetica cinese moderna, consapevole della sua storia, ma rivolta in avanti. Credo nel minimalismo cinese, che è romantico e poetico. La Cina non è solo un mercato, ma anche una forza creativa.

Nella collezione la palette è audace, con tratti di neon. Mentre ha esplorato forme geometriche archetipiche e definito «reliquie postmoderne» i capi che la compongono. Che cosa rappresentano queste scelte?

I colori brillanti e le giustapposizioni bold esprimono forza e fiducia. Ma anche il senso della modernità cinese, di novità. Attingendo a forme pure ed evocando connotazioni classiche in un contesto liberato, trovo invece soddisfazione e rilevanza sul mercato.

Qual è lo spirito di una donna che indossa i suoi capi?

Una gentildonna dal cuore punk.

Con Exor, Shang Xia evolverà. È entusiasta di questa sfida?

Con l’aggiunta di Exor a Hermès voglio iniziare una conversazione sulla Cina moderna e su come si inserisce nella scena internazionale.

Questa stagione molti brand hanno presentato le collezioni uomo e donna in sfilate co-ed. E lei ha ampliato il mondo del menswear con il suo marchio. È qualcosa che vorrebbe replicare anche da Shang Xia?

Prossimamente.

Se non fosse diventato stilista, che cosa farebbe adesso?

La mia fantasia d’infanzia era di diventare un pilota di F1. Per la difficoltà, l’esclusività e il pericolo di questo lavoro, a volte mi domando se io non sia dipendente dai rischi. (riproduzione riservata)


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