Il blocco del porto di Shenzhen nei suoi tre terminal (Yantian, Shekou e Chiwan) e di Nansha, terminal di Canton, che si aggiungono a quanto è successo nel canale di Suez nel marzo scorso non possono ritenersi isolati incidenti di percorso risolvibili a breve e senza rischi di replica. Segnalano piuttosto anomalie non solo legate alla ripresa economica post-covid ma a strettoie che si vengono sempre più a comprimere nel processo del traffico marittimo internazionale ed anche nella più ampia accezione della libera circolazione delle merci.
Tre settimane fa il porto di Shenzhen aveva iniziato a subire rallentamenti operativi per l’intensificazione dei controlli sanitari, a seguito di ritrovamento di tracce di virus Covid 19 e successivamente di casi importati con variante Delta o indiana. L'aumento dei controlli ha causato il quasi totale fermo del porto.
Poichè Yantian è il secondo porto della Cina per traffico movimentato e contribuisce per il 10,5% nell’incidenza del valore delle merci in uscita dal paese questa decisione sta avendo una duplice conseguenza: da un alto l’impossibilità di utilizzo del porto per mancato attracco delle navi (black sailing o mancate partenze); dall’altro il tentativo di utilizzare gli altri porti cinesi, già peraltro congestionati, per la scarsità di container vuoti, con un aggravio di costi per il trasporto via terra delle merci dalle fabbriche ai porti prescelti con un correlativo incremento dei noli.
Se in precedenza la gestione dei containers era limitata a circa 5 mila container al giorno, nelle due settimane successive circa trecento navi portacontainers hanno evitato il porto di Yantian condizionando negativamente il carico di tre milioni di teus, secondo prospect44, piattaforma marittima e logistica di servizio.
Il rappresentante della Maersk, la maggiore shipping company al mondo, ha dichiarato che i terminal stanno diventando il collo di bottiglia globale “a causa del Covid 19 con un significativo volume a partire dalla fine del 2020".
A questa congerie di difficoltà oggettive si aggiunge l’incremento dei prezzi delle materie prime e dei semilavorati e dei prezzi marittimi. Al Shanghai Index un nolo da Shanghai a Rotterdam è cresciuto per un container da 40’ del 518% a 10.462 dollari e sui porti americani dell’East Coast si parla di 17mila dollari.
A questi livelli di costi di trasporto, il contenuto trasportato è vincolato a due necessità oggettive: prodotto di alto valore aggiunto per il quale il nolo rimane ancora una variabile indipendente o materia prima piuttosto che prodotto finito per il quale il nolo è una variabile dipendente e, a seconda che sia destinato ad una azienda upstream o downstream, avrà una sensibile ripercussione sui margini dell’azienda stessa.
Al momento, quasi tutte le imprese non hanno aumentato i prezzi al consumo iscrivendo a bilancio questa differenza costi. Per completare il quadro, va rilevato che se un’azienda decide di utilizzare i noli menzionati si troverà comunque tempi di attesa per l’imbarco più lunghi (la media è ora di 23 giorni), ma soprattutto dovrà affrontare problemi di liquidità finanziaria per corrispondere gli importi del nolo entro il credit time di quindici giorni agli agenti o alle compagnie marittime che a loro volta si trovano nelle condizioni di dover far fronte ai loro debiti.
Se nei prossimi mesi la fase di riassortimento delle scorte si completerà anche in funzione dei trend di vendita, sarà interessante oltre che importante comprendere come si prospetterà il trend dal momento che tutte le previsioni di crescita sono volte ad un riscatto rispetto al passato.
Ma quale sarà il futuro del trasporto marittimo? Il libro di David Abulafia, "Storia marittima del mondo", può forse fornire qualche risposta. Il suo autore in un’intervista al Corriere della Sera (febbraio 2020) affermava che “la Cina è un caso interessante, perché il suo coinvolgimento con il mare ha oscillato molto nei secoli. Da un lato, come nell’epoca degli Imperatori marittimi, prende l’iniziativa, costruisce una flotta mercantile e diventa una potenza marittima". Oggi, però, ci sono anche “i containers cinesi che viaggiano in tutto il mondo, i nuovi legami che costruiscono porti in ogni continente: tutto questo rimanda a una dimensione politica”. (riproduzione riservata)
*managing director a Shanghai di Savino Del Bene, azienda di trasporti internazionali e logistica. Vive e lavora in Cina da oltre 25 anni