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Cresce l'attività nei porti cinesi mentre cala nel resto del mondo

Nel primo semestre la crescita è stata del 3,8% rispetto al movimento di container dai porti del resto del mondo, che ha visto una diminuzione del 3,1%. Crescono di più i porti del nord della Cina, mentre calano Hong Kong e Shenzhen. È un segnale di ripresa dell'export del Dragone?


09/10/2023 17:16

di Marco Leporati*

settimanale
Ngozi Okonjo-Iweala, direttore generale del Wto

Il trend west e east bound marittimo dai porti cinesi nel primo semestre 2023, comparato al primo semestre 2022, è cresciuto del 3,8% rispetto al movimento di containers dai porti del resto del mondo, che ha visto una generale diminuzione del 3,1%, secondo dati del Ministero dei trasporti (Mot) cinese.

I maggiori dieci porti cinesi hanno infatti movimentato nel primo semestre 2023 130 milioni di teus. Il record di performance spetta al porto di Qingdao (+11,7%) e a quello di Tianjin (+8%). In buona posizione per i volumi mossi quello di Shanghai con un totale di 24 milioni di teus (+5,3%). Hong Kong ha perso posizione con 15,5% in meno e anche Shenzen (-6,1%).

Alla luce di questa prima considerazione sembrerebbe che le esportazioni cinesi abbiano avuto un trend molto positivo, e certamente la comparazione con l’anno passato in piena pandemia ha un che di verità, anche se uno dei tanti commenti di società operanti nel settore containeristico, quale Upply Container Shipping, rileva che «il gap tra la performance economica cinese e di contrasto i risultati negativi di tutti i porti occidentali ha creato delle perplessità. Sicuramente la Cina potrebbe aver avuto una crescita nel traffico interasia e nell’area indo-pacifica, ma il gap è troppo ampio».

D’altro canto, se questi dati, usando un campo largo, venissero contestualizzati in un ambito globale, dove effettivamente i porti americani in particolare hanno avuto una riduzione del 20%, apparirebbero in conflitto con la generale diminuzione dell’export, ma soprattutto rispetto alle previsioni del volume dello scambio internazionale di merci (import/export) che il WTO ha stimato per l’anno in corso in crescita solo dell’ 0,8%, rivedendo al ribasso quanto aveva prospettato non più tardi di aprile (+1,7%). Sempre secondo il WTO, la crescita del commercio globale dovrebbe assestarsi per l’anno in corso a +3,2%, analogo all’anno 2020.

Lo stesso WTO ha riportato che la percentuale di beni negoziati nell’ambito del commercio mondiale, uno degli indicatori dell’attività della supply chain, è calato al 48,5% nei primi sei mesi dell’anno in corso da una media del 51% dei precedenti tre anni. «Le prospettive di decrescita sono legate ad avverse implicazioni come conseguenza di una diminuzione dei livelli relativi agli standard di vita delle popolazioni dispiegate nel mondo», ha spiegato Ngozi Okonjo-Iweala, direttore generale del WTO.

Ciò sta a significare che non solo vi è una rilevante criticità nelle rotte Cina, Europa e America, ma in generale si riflette un calo dovuto al ciclo di destocking negli USA, ovvero alla dimininuzione dei livelli di scorta, alla minore disponibilità di spesa ed a una contestuale diminuzione dei consumi dovuto alle tensioni inflattive.

Tornando alla Cina e al Far East, in generale l’indice dei volumi mossi dopo una timida crescita nel mese di luglio ha iniziato un declino. Il paradosso è che le navi ULCV (ultra large container vessels) con una portata di 24.000 teu sono state immesse nel mercato in un momento inopportuno, perché le cancellazioni di partenze navi (blacksailing) fissate nel corso del mese di settembre in previsione della chiusura delle attività dovuta alla Golden week cinese sono state di fatto un aiuto alla sospensione del servizio per mancanza di volumi di carico.

La mossa che è sempre stata utilizzata negli anni passati per incrementare le tariffe nei mesi prima del Capodanno cinese probabilmente non avrà successo, anche perchè i Proprietari del carico utile (clienti BCO) avevano ottenuto dalle compagnie marittime una proroga delle tariffe competitive concordate precedentemente.

A questa difficoltà di mercato si aggiunge anche un evento imputabile al Climate change che si è venuto a creare nel canale di Panama, collegamento importante per le rotte transpacifiche dirette nella East coast americana e nel Golfo del Messico. Infatti, il tanto temuto El Nino sta causando, per la scarsità di pioggia e un incremento della siccità, un netto calo del livello di acqua nel resevoir che alimenta il canale.

Ciò comporta che da un picco di 160 transiti di navi per giorno si è passati ad agosto a 100 transiti, per arrivare a una draconiana riduzione dal prossimo novembre con 31 transiti giornalieri. Risulta ovvio che le navi debbano rimanere in attesa all’ingresso del canale con costi di gestione elevata e con ritardi negli arrivi nei porti di destinazione. Le stesse anomalie che erano avvenute per ragioni diverse qualche anno fa.

Ma, tornando alla Cina, la domanda è: per decretare una robusta ripresa che possa essere di contraltare alla crisi immobiliare e/o alla crisi di fiducia che permea la vita quotidiana, può essere sufficiente il balzo del movimento turistico quasi totalmente domestico che ha caratterizzato la Golden week appena conclusasi, o l’emissione di oltre mezzo milione di certificati di origine in agosto quale comprova del movimento export, o ancora una decrescita del 5-7% dei prezzi a listino per unità di prodotto?

*presidente di Savino del Bene Shanghai Co. Vive e lavora a Shanghai da 30 anni


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