La Cina inizia a scoprire il mercato del second hand. Il fenomeno dell’usato, stimato da Bcg-Boston consulting group tra i 30 e i 40 miliardi di dollari e ampiamente diffuso in mercati come quello europeo e americano, è un concetto ancora relativamente nuovo per l’ex Celeste impero. Nonostante la rapida diffusione di piattaforme dedicate al second-hand e l’apertura verso il segmento da parte dei big player di settore, è una dura lotta convincere i consumatori cinesi che prodotti di seconda mano o fatti con materiali riciclati potrebbero avere un valore premium.
Stando a una ricerca di Bluebell group condivisa con MFF (Class Editori), oltre il 70% dei consumatori asiatici (fa eccezione il Giappone) dichiara che «la sostenibilità non è tra i loro primi tre fattori decisionali per l'acquisto di marchi premium». In Asia, prosegue lo studio, la maggior parte dei mercati (mainland China con una quota del 57%, Taiwan del 67% e Hong Kong del 53%) non sono entusiasti all'idea di comprare abbigliamento e accessori fashion di seconda mano. Corea del Sud (70%) e Sud-Est asiatico (68%) sono più predisposti all’usato mentre il Giappone è il Paese meno interessato alla categoria.
Tuttavia, segnali di cambiamento sono in corso negli ultimi tempi. Per esempio su Xiaohongshu, tra le più note piattaforme di social media ed e-commerce cinesi, il numero di note legate alla sostenibilità si è avvicinato a 300 mila. C’è stato anche un aumento di influencer e video blogger che promuovono stili di vita green, come Su Yige e One bag. Sebbene con un distacco temporale rispetto ad altri mercati, il fenomeno del second-hand in Cina è gradualmente in crescita, così come i marchi eco-friendly che puntano a clienti giovani e più sensibili a determinate tematiche.
Secondo il Global consumer insights survey 2021 di PwC, il consumo sostenibile ha un potenziale in Oriente. «Le preoccupazioni circa il cambiamento climatico non sono mai stati di primaria importanza in Cina ma tale tendenza è destinata a proliferare», si legge nel report.
L’analisi ha rilevato che il 74% dei consumatori cinesi (la quota di quelli globali è del 55%) sostiene di acquistare intenzionalmente articoli con imballaggi ecologici eco-friendly o con meno imballaggi. La stessa percentuale (globale 56%) sceglierebbe prodotti con un'origine tracciabile e trasparente. Più importante, il 72% (globale 54%) ha dichiarato di comprare da aziende che sono consapevoli e che sostengono la tutela dell'ambiente.
«La diffusione della circular economy legata al fashion non è senza barriere in Cina. In termini di ragioni che influenzano la loro capacità di fare acquisti più green, il 41% dei consumatori cinesi intervistati ha menzionato la mancanza di opzioni sostenibili (globale 32%) come il maggiore freno inibitore», evidenzia sempre la ricerca di PwC.
Stando agli ultimi dati disponibili, il mercato dell'usato ha raggiunto il suo picco massimo nell’ex Celeste impero lo scorso anno, con piattaforme di second-hand come Xianyu, Zhuanzhuan e Catch fish che hanno ottenuto maggiore popolarità. Infine, grazie al successo degli stili retrò, sempre più consumatori asiatici stanno esplorando il potenziale dell'abbigliamento vintage. (riproduzione riservata)