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Grande distribuzione, addio ai mercati asiatici, Cina in primis

La tendenza confermata da Tesco, la catena inglese di supermercati, che ha deciso di cedere le attività in Thailandia e Malesia, dopo essere uscita dal Giappone, Corea e aver ceduto parte del controllo in Cina. La concorrenza dell'e-commerce e di nuove forme di distribuzione è all'origine del fenomeno. In parziale controtendenza le case americane che puntano tutto sul prezzo


03/01/2020 12:36

di Pier Paolo Albricci - Class Editori

tesco
Un negozio Tesco in Cina

Si allunga la catena delle grandi imprese di distribuzione occidentali in fuga dai mercati asiatici e dalla Cina, in particolare. L'ultimo caso è quello di Tesco, il gruppo inglese di supermercati che ha fatto sapere di essere alla ricerca di acquirenti per il suo business in Asia, che avrebbe un valore di circa 9 miliardi di dollari.

Lo riferiscono a Dow Jones Newswires fonti a conoscenza dei fatti, puntualizzando che il primo round di offerte è previsto a meta' gennaio. Lo scorso dicembre Tesco ha reso noto di aver iniziato un processo di revisione delle opzioni per le sue attività in Thailandia e Malesia, compresa la possibile vendita dei business.

La società inglese, recentemente salita alla ribalta della cronaca in Cina sulla base di una denuncia per avere utilizzato nella confezione di alcuni prodotti, carcerati delle prigioni di Shanghai, trattati come schiavi, ha ridotto la sua presenza all'estero per concentrarsi sul proprio mercato interno, caratterizzato da una forte concorrenza dovuta ad avversari del calibro di Amazon.com e Ocado Group.

Da alcuni anni l'azienda è uscita da diversi mercati tra cui il Giappone, gli Stati Uniti e la Corea del Sud e ha ceduto parte del controllo delle sue operazioni in Cina.

Nei sei mesi al 24 agosto, l'utile ante imposte di Tesco si è attestato a 494 milioni di sterline rispetto ai 463 milioni dello stesso periodo dell'anno precedente. Secondo le stesse fonti di mercato il segmento thailandese del business asiatico potrebbe avere una valutazione di 7 miliardi di dollari, mentre quello malese tra 1,5 e 2 miliardi di dollari.

La conferma che le grandi catene straniere oggi faticano a sopravvivere nel mercato cinese abbandonandolo o cedendo le quote societarie è stata confermata nei mesi scorsi dalla cessione delle attività di Carrefour, uno dei maggiori retailer occidentali in Cina, a Suning, e dalle trattative in corso tra Alibaba e Metro, la catena tedesca di centri commerciali all'ingrosso, anch'essa in fuga.

Uno dei motivi di quanto sta succedendo nella grande distribuzione lo ha esplicitato  recentemente Jason Yu,partner di Kantar Worldpanel China, società di marketing. «Il mercato cinese è molto complicato e richiede società di retail innovative e localizzate», ha spiegato l'esperto. In Cina, nella grande distribuzione il fattore prezzo è sempre più importante, anche a discapito della qualità, mentre le grandi location, i cui margini di redditività di stanno assotigliando, sono minacciate anche dalla concorrenza dell'e-commerce e da nuove forme di distribuzione porta a porta o basate su location piccole e molto disseminate sul territorio.

In parziale controtendenza sembrerebbero invece le mosse di due giganti della distribuzione, le americane Costco e Wallmart, che si sono mosse entrambe sul mercato cinese, con successo a giudicare dalle prime mosse. Ma entrambe si muovono soprattutto sul fattore prezzo, confermando quest'ultimo come il fattore chiave del mercato a livello della classe media.

 


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