Intermodalità è la parole chiave per il sistema aeroportuale italiano. In particolare nel contesto della nuova Via della Seta e sulla scia di un continua crescita del settore turistico, con un numero di presenze di stranieri che ormai ha superato quelle degli italiani. “ La modalità aerea, infatti, se ben intersecata con ferrovie e porti, può rappresentare quell’anello di congiunzione capace di aprire davvero le porte del nostro Paese”, scrive Antonio Marano, presidente di Trieste Airport in un intervento su MF-Milano Finanza. L'intermodalità è “ il fil rouge che dovrebbe guidare i futuri investimenti del settore. Una parola che vale non solo per i grandi hub ma anche, e soprattutto, per i piccoli aeroporti”.
Il trasporto aereo è capace di incidere sul ciclo economico nazionale per il 3,6% del pil, è emerso nel corso dell'ultima Conferenza nazionale sul settore. “Oggi abbiamo la straordinaria opportunità di moltiplicare questo impatto semplicemente definendo in maniera chiara i ruoli e le competenze della complessa filiera aeroportuale garantendo stabilità agli operatori del mercato e investimenti mirati. Siamo di fronte, da un lato alla grande sfida di preparare il nostro Paese all’arrivo dei flussi commerciali e turistici da e per la Cina e dall’altro alla necessità di fare ordine rilanciando l’intero sistema aeroportuale italiano”, aggiunge Marano.
Il top manager rileva però come sia arrivato il momento di lavorare sullo sviluppo “sostenibile e sinergico” dei piccoli aeroporti, “quelli che movimentano fino a un milione di passeggeri l’anno e che sono però quelle porte di accesso capaci di rilanciare e ottimizzare gli spostamenti verso le zone turistiche”. Il governo ha indicato tre linee guida: fondi europei, scali minori e sviluppo dell'Alta Velocità. “Questo si traduce nella volontà di potenziare gli scali minori (che minori non sono se letti in questo contesto) con una forte spinta all’intermodalità e favorendo la collaborazione con i grandi operatori nazionali, il tutto anche grazie ai Fondi europei che saranno rilasciati sulla base delle best practice”, scrive ancora il presidente di Trieste Airport.
“È così che il percorso avviato con successo dallo scalo del Friuli-Venezia Giulia può diventare un modello di sviluppo per tutta la rete dei suoi simili a livello italiano. Uno scalo che, in soli due anni, è riuscito a risanare i conti e raggiungere un Ebitda margin superiore al 30% e investire 40 milioni di euro (di cui 14 milioni autofinanziati) per realizzare la piena intermodalità con collegamento passante all’alta velocità ferroviaria. Inoltre, con l’ingresso del fondo F2i a febbraio 2019 si è realizzata la privatizzazione dello scalo inserendolo così nel più grande network aeroportuale italiano. Piccolo è bello solo se intermodale e internazionale, la rotta sembra quindi tracciata, ora sta a noi percorrerla”.