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Il mobile italiano può ripartire dalla Cina. Parla Luti (Kartell)

Sono riprese le esportazioni, in due-tre settimane, le produzioni italiane presidieranno di nuovo il mercato del Dragone, spiega il presidente del Salone del Mobile. Da sola, la Repubblica popolare vale per il comporto circa 440 milioni di euro


13/05/2020 11:42

di Cristina Cimato - Class Editori

Salone del Mobile
Claudio Luti, presidente del Salone del mobile e ceo di Kartell.

Il mobile italiano può ripartire dalla Cina, paese che per il comparto vale 440 milioni e verso cui sono riprese le esportazioni. Ma, soprattutto, deve poter contare sulla riapertura di tutta la filiera, quindi oltre alle fabbriche anche la distribuzione. «Non si può produrre senza vendere», ha spiegato in questa intervista a MFF Claudio Luti, presidente del Salone del mobile e ceo di Kartell.

Durante il lockdown il settore aveva lanciato un appello per la riapertura, affidandolo a un gruppo di aziende leader. Il timore era la perdita di posti di lavoro e di quote di mercato sulle piazze internazionali, cruciali per un comparto da 42,5 miliardi di ricavi di cui 27,7 miliardi solo per l’arredo. Lo sguardo ora è rivolto all’Asia, dove in due o tre settimane il Made in Italy dovrebbe tornare alla sua leadership. Insomma, il motore si è rimesso in moto, ma non basta.


La filiera non è ancora del tutto allineata alle fabbriche. Cosa chiedete come comparto adesso?
Rispettiamo quello che il governo sta decidendo ma ribadiamo che, al di là della decisione politica, servono visione, coesione e programmazione. Dobbiamo prendere tutte le cautele e precauzioni, fare i tamponi, i test sierologici e i controlli, produrre con regole di sicurezza chiare e inderogabili e ritengo necessario partire con norme uguali in tutta Italia. Sicuramente la riapertura delle fabbriche avrebbe dovuto essere seguita dall’immediate riapertura dei negozi perché non si può produrre senza vendere. Il settore dell’arredo e del design italiano ha una grande vocazione all’export, ma quello interno è un mercato fondamentale. Inoltre, occorre riuscire a tornare in fretta nei paesi dove abbiamo affermato la nostra identità.

L’appello che lei ha sottoscritto come Kartell, ventilava una perdita ingente di posti di lavoro e di competitività se non si fosse ripresa la produzione. Pericoli scongiurati?
Fino a quando la riapertura non sarà completa, tutta la nostra filiera continuerà a essere in pericolo. Certamente è unica per know how e qualità ma, purtroppo, è anche fragile perché composta da tante piccole realtà familiari che rischiano di andare in sofferenza. Questo sarebbe molto grave perché il Made in Italy è fatto da loro. Mi preoccupa il fatto che altri paesi, per esempio Francia e Germania, potrebbero sostituirci in molte parti del mondo dove siamo forti ma finora non abbiamo potuto dare certezze di consegne e di operatività.

Che sentiment avete sulla ripresa dell’Asia?
La Cina ora è concentrata a far ripartire la sua economia. Sicuramente il mobile italiano può ricominciare da qui: sono riprese le esportazioni, in due-tre settimane i nostri mobili presidieranno di nuovo questo mercato. La fiducia nell’Italia non verrà messa in discussione. Grazie al lavoro che abbiamo fatto fino a oggi noi imprese, il Salone del Mobile.Milano e la nostra edizione di Shanghai, i cinesi oggi privilegiano i prodotti autentici e destinati a durare nel tempo. Sono ottimista: la partnership con i fornitori italiani si rafforzerà anche nel breve periodo.

Quest’anno avete perso la grande vetrina sul mondo. Avete qualche iniziativa in cantiere come un salone virtuale, magari?
Ciascuna impresa, ciascun brand attiverà le proprie strategie e il Salone affiancherà le aziende nel periodo che ci separa dalla prossima edizione. Stiamo valutando un percorso e iniziative che possano davvero essere utili alle tante realtà che devono ripartire.

Cosa pensa degli eventi digitali che sono stati fatti sia durante le date originarie del salone con Dezeen e quelli di giugno di Fuorisalone.it?
Io sono favorevole al digitale perché ti permette di fruire almeno in modo virtuale ciò che in questo periodo non si può vivere con la presenza. Dopodiché, sono convinto che nulla possa sostituire l’esperienza diretta. Il design va visto e toccato, il Salone va vissuto in prima persona. È un’emozione e una sensazione a fior di pelle che non ammette surrogati.

Come imprenditore, quali sono oggi le opportunità che si possono cogliere da questa crisi? Qualche approccio nuovo?
Ora è importante che la nostra creatività scenda in campo per supportare e rispondere alle nuove esigenze, abitudini ed emozioni. (riproduzione riservata)


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