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L'interscambio Usa-Cina ai massimi livelli infuoca la ripresa

Boom delle esportazioni di terre rare e di beni di consumo dalla Cina agli Usa, mentre la Repubblica popolare importa prodotti legati alla catena alimentare e gas liquefatto. Così i prezzi dei noli e dei trasporti in generale vanno ai massimi, complici ritardi e inefficienze nelle catene di distribuzione


03/08/2021 13:48

di Marco Leporati*

settimanale
Yantian, il porto di Shenzhen

I dati, ancorchè scomposti, dei traffici relativi alle diverse rotte oceaniche continuano a mostrare una salute di ferro. La rotta transpacifica tra Cina e USA si conferma al primo posto sul podio nonostante noli marittimi impazziti, incremento del costo unitario dei prodotti finiti cui vanno aggiunti i dazi quale storica eredità delle battaglie trumpiane. Nel mentre i diversi attori, protagonisti del commercio internazionale, si interrogano su quanto sta accadendo da mesi e se i diversi provvedimenti reggeranno comunque per garantire una costante crescita del 6% della domanda mondiale così come emerso dalle stime riviste del FMI. 

I flussi Cina-Usa rappresentano rispettivamente l’acquisto da parte cinese di milioni di tonnellate di prodotti destinati direttamente o indirettamente all’alimentazione con un capitolo importante di prodotti energetici (gas liquefatto, Lng) mentre gli Stati Uniti sono concentrati nell’importazione di beni  prevalentemente per la linea retail visto la generosità del governo nel concedere stimuli a favore dei consumatori americani. L'incentivo spinge al rifornimento di scorte sugli scaffali on line e off line, in previsione delle prossime festività, Halloween, Thanksgiving e naturalmente Natale.

La maggior parte delle società americane importatrici, a fronte degli incrementi di costo, hanno deciso, pur di mantenere la loro quota di mercato, di assorbire gli oneri aggiuntivi riducendo il loro margine di profitto. «Abbiamo visto una forte domanda di consumo che ha attraversato la pandemia e un livello di importazione che ha raggiunto il tetto massimo», ha confermato una fonte autorevole, Jonathan Gold, vice presidente della National Retail Federation, la federazione che raggruppa dalle società familiari alle grandi catene distributive tutti i players del retail.

Un altro comparto dell’export cinese è rappresentato dalle terre rare di cui la Cina controlla il 90% dell’intero approvvigionamento mondiale composto da 17 elementi naturali, abbondanti in natura ma di difficile e pericolosa estrazione. Nei primi sei mesi di quest'anno la Cina ha esportato 51 mila tonnellate di terre rare con un incremento del 25.3% rispetto allo stesso periodo del 2020 e del 16.5 % del 2019.

Dei 17 elementi i più ricercati e richiesti rimangono sempre cobalto, litio e nichel necessari ed indispensabili per il settore high tech che include telecomunicazioni, areospace e difesa ma soprattutto, oggi più che mai, le batterie delle auto elettriche come possibile, anche se controversa, soluzione per una parte di decarbonizzazione del prossimo futuro. A questo riguardo la Cina ha esportato solo di batterie al litio il 65.5 % in più rispetto allo stesso periodo del 2020.

L’incontrovertibilità della situazione della supply chain innestata nella catena del valore conferma ancora una volta che i buoni propositi del decoupling sono al momento vanificati dall’impossibilità di realizzare in breve tempo unità produttive funzionali o di ricercare localizzazioni alternative di rifornimento di materie prime.

Gli Stati Uniti, nello scorso mese di marzo, attraverso il Dipartimento dell’Energia, avevano annunciato un fondo di 30 milioni di dollari per garantire il rifornimento alternativo alle importazioni dalla Cina ma i risultati non si sono ancora visti. È un segnale sintomatico della consapevolezza della difficoltà di modificare un assetto che si è stabilizzato negli ultimi vent’anni con investimenti e interventi sia per la produzione che per il controllo qualità e l’addestramento del personale locale.

L’anomalia dei trasporti marittimi gioca un ruolo importante che potrebbe far desistere le aziende estere che non hanno localizzazioni in Cina e non possono nemmeno visitare i loro fornitori, accontentandosi, obtorto collo, di un trend produttivo costoso e con qualche rischio in più. D'altra parte, per soddisfare la domanda crescente, emergono due ordini di problemi che determinano l’incremento dei noli, ormai fuori controllo.

Il primo concerne la disponibilità dei vuoti che, disseminati nelle più diverse parti del mondo, non possono rientrare in Cina con le frequenze usuali nell’era precovid.

Infatti, se è vero che la metà del valore delle merci mosse in /out negli Stati Uniti, pari a 259 miliardi di dollari, è movimentata nel porto di Los Angeles, è impensabile che questo gateway possa farsi carico di svuotare i containers che, invece, via ferrovia o via camion con costo a carico del destinatario finale, vengono trasportati all’interno del territorio americano. Le ferrovie americane non sono quelle cinesi: per questo i vuoti vagano per settimane prima di essere imbarcati nuovamente alla volta dei porti cinesi.

Fiorisce, in parallelo, anche un mercato dell’usato o di nuova produzione dei containers con lo scopo, una volta arrivati a destinazione, di essere venduti, ma non tutte le compagnie marittime accettano di imbarcare container di proprietà di privati denominati SOC (shipper own container).

Questa contingenza, abbinata anche al fatto che, causa covid e quarantene, centomila marinai sono bloccati nei limbo dei porti o addirittura fuori dal perimetro delle acque territoriali, causano ritardi nell’attracco e nelle operazioni di imbarco e sbarco.

Inoltre, solo il 2.5% di tutti i componenti degli equipaggi è stato soggetto a vaccinazione e molti equipaggi sono fuori casa da diciotto mesi. Questo stato di cose ricorda molto alcune scene di Master & Commander con la differenza che nel film il comandante della nave in un arguto dinamismo psicologico sapeva come muoversi. Una delle criticità che si sta prospettando è anche quella di fabbisogno di marinai per il prossimo futuro.

Infine, nel cahier de dolèances, c'è l'ingorgo del porto di Yantian, a Shenzhen, che ha ripreso l’attività ma le conseguenze della congestione dei mesi passati permangono con merce pronta per l’imbarco da mesi e depositata nei magazzini adiacenti il porto.

Le teorie economiche prevalgono ed i numeri elaborati quotidianamente fanno ben sperare per gli operatori anche se le incognite sono sempre alle porte. Si potrebbe forse definire questa miscellanea “Esuberanza irrazionale”, termine così coniato da Adair Turner nel suo libro Between debt and the devil? (riproduzione riservata)

*managing director a Shanghai di Savino Del Bene, azienda di trasporti internazionali e logistica. Vive e lavora in Cina da oltre 25 anni


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