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La guerra nel Mar Rosso colpisce duro i traffici commerciali Est-Ovest

L'aumento dei noli è solo l'inizio di una catena di conseguenze in divenire, se non si sblocca la situazione del passaggio delle navi verso il Mediterraneo. Costi, ritardi, difficoltà di consegne sono all'orizzonte in Europa, perché il traffico via mare è ancora insostituibile per collegare le economie orientali ai mercati di consumo in Occidente


29/01/2024 15:49

di Marco Leporati*

settimanale

Le criticità che quotidianamente si stanno presentando nel settore dei trasporti e della logistica dovrebbero essere analizzate e comparate con quanto è avvenuto durante il triennio pandemico, se è vero che “il passato non è meno passato. Non muore mai” (William Faulkner). 

Il primo dato importante, oggi come allora, è l’aumento ascensionale dei noli marittimi. Anche durante la pandemia il mercato dei noli era schizzato a causa di colli di bottiglia creatisi nelle diverse parti del mondo accomunate in periodi temporalmente diversi da un crollo dei consumi e in generale della domanda mondiale.

Quando la domanda si era risvegliata negli Stati Uniti per problemi organizzativi di congestione sorti nel porto di Los Angeles le navi non potevano attraccare e dovevano stare in rada per settimane a causa delle difficoltà dei servizi portuali in banchina e delle successive modalità di trasporto via ferrovia o via strada.

In Cina le attività nei porti  e nei trasporti venivano ridotte se non sospese perchè una partita di salmone proveniente dal Nord Europa era risultata positiva al test dei Covid o il personale locale era positivo e quindi i reparti venivano messi in quarantena.

Le soluzioni allora adottate, in aggiunta al semplice aumento dei noli, sono state l’organizzazione dei servizi charter non solo per il trasporto del materiale DPI (Dispositivi di protezione individuale) e un potenziamento dei trasporti via ferrovia tra Cina ed Europa.

Lo scoppio del conflitto tra Russia e Ucraina nel febbraio del 2022 ha portato all’immediato divieto di passaggio sul territorio russo di  convogli europei tranne quelli cinesi.Tutti i Paesi coinvolti nella pandemia avevano, al di là delle rispettive regole di politica sanitaria nella gestione di situazioni apparentemente simili, la speranza che questa pandemia terminasse con il vaccino anticovid scoperto ed approvato dalle organizzazioni mondiali di controllo per la prima volta in tempi rapidi, fatto mai avvenuto nelle epidemie del passato.

Oggi al conflitto in terra europea tra Russia e Ucraina se ne è aggiunto uno nuovo regionale in terra medio orientale tra Israele ed il popolo palestinese governato da Hamas. Come conseguenza si è avuto nel Mar Rosso, quarantacinque giorno orsono, un primo attacco  a navi portacontainer occidentali che transitavano nel canale di Suez  da parte di ribelli yemeniti (Houthi) e questo inasprimento ideologico ha portato ad una soluzione temporanea con la creazione di una forza militare di controllo la Prosperity Guardian, coordinata dagli Stati Uniti che non ha sortito gli effetti sperati.

La prima reazione è che tutte le navi delle principali compagnie marittime europee hanno scelto, obtorto collo, di circumnavigare il Capo di Buona Speranza con tempi di percorrenza incrementati di una quindicina di giorni cui si aggiungono gli extracosti di bunkeraggio per l’approvvigionamento di carburante.

Questa diversione di rotta favorirà i porti nord europei come Rotterdam. Alle compagnie marittime europee si è aggiunta anche la cinese Cosco mentre invece alcuni compagnie cinesi specialmente dell’area di Qingdao che prima erano specializzate in traffici di merci alla rinfusa, oggi tentano le vie del canale di Suez navigando nel Mar Rosso.

Da questa comparazione emerge una sostanziale differenza: la pandemia era stata in parte subita ma l’obiettivo era quello che terminasse il più presto possibile e che si avverasse la prospettiva di ripresa. Oggi invece questo conflitto mediorientale trova linfa vitale in una differenziazione ideologica radicale prodroma di scontri molto più pervasivi.

Carl von Clausewitz, il generale prussiano di fine ottocento autore del famoso manuale “Della guerra” con rimandi al cinese Sun Tzu, sosteneva che ”la guerra è lo strumento di una visione politica. Il fine politico è sempre presente e predominante. La strategia è l’arte di impegare i combattimenti per raggiungere gli scopi di guerra”.

Questo è quanto sta avvenendo in un contesto dove, ancorchè la crescita stimata del commercio globale non dovrebbe superare il 2,6%, una domanda differenziata è presente ed i rischi di una crisi simmetrica si perpercepiscono anche se ancora in divenire. Dal momento che dal canale di Suez transita il 12% del traffico mondiale via mare e il 30% del movimento containeristico secondo lo State Information Service egiziano, diventano evidenti le difficoltà che sia la catena del valore sia gli esportatori stanno subendo.

Avendo in questi due anni riogarnizzato le supply chains, le aziende italiane si trovano in questo momento ad avere ostacoli nell’approvvigionamento di tessuti non solo dalla Cina ma da Corea e Giappone, di componentistica elettronica, in testa i microchips ed altri semilavorati destinati alle loro produzioni. Per quanto riguarda l’esportazione i prodotti ortofutticoli sono quelli con il più alto rischio di deperimento anche se conservati nei container refrigerati.

Un altro capitolo importante è relativo ai trasporti di risorse naturali, petrolio e soprattutto gas liquido LNG. Il Qatar ha deciso di far circumnavigare le gasiere; in tempi brevi i prezzi si incrementeranno. Le alternative sono le solite ormai enumerate: spedizioni aeree, servizio ferroviario nei limiti di capacità dei singoli convogli e delle limitazioni trerritoriali ed il servizio sea/air ovvero spedizioni via mare sino a Dubai o altri porti del medioriente  con prosecuzione via aerea verso l’Europa. Ma le spedizioni via treno costano tre volte i noli marittimi e quelle aeree sei volte.

Queste alternative non possono colmare il divario dei numeri di una singola nave portacontainer. Un esempio concerne il trasporto di vetture elettriche con navi che ne contengono dalle cinque alle settemila per viaggio. Nessuna altra soluzione può soddisfare questo ordine di grandezza. (riproduzione riservata)

* presidente di Savino del Bene Shanghai Co. Vive e lavora a Shanghai da 30 anni

 


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