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Industria

Il business Italia-Cina alla prova del calo dei consumi interni

Una rinnovata intesa tra Camera di Commercio italiana in Cina e Confindustria potrebbe essere foriera di una rinascita delle relazioni, al fine di gestire le sfide che si presentano con la Cina in termini di disequilibrio della bilancia commerciale e di incrementare flussi di investimento sia italiani in Cina che cinesi in Italia


02/08/2024 12:24

di Marco Leporati*

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Attraverso il visore VR della mostra virtuale che accompagna quella reale” Viaggio di conoscenze- Il milione di Marco Polo e la sua eredità fra Oriente e Occidente” al Millenium Museum di Pechino in occasione dei settecento anni dalla scomparsa di Marco Polo, la voce narrante dello stesso Marco preannuncia la volontà ed il desiderio di varcare i propri confini e di procedere verso l’ignoto Oriente.

Come più pragmaticamente si è ripromessa la premier Giorgia Meloni nella visita dei giorni scorsi alla corte del presidente Xi Jinping, con la conclamata volontà di rinsaldare le incrinature del vaso cinese delle relazioni bilaterali. Il risultato raggiunto con il supporto dell Ambasciata d’Italia, Confindustria, Agenzia ICE, Cassa Depositi e Prestiti, Simest e Sace e della Camera di Commercio Italiana in Cina, è un Piano Triennale di azione per il rafforzamento del partenariato strategico al Governo cinese e con la firma di sei accordi bilaterali, i cui contenuti pratici restano tutti da verificare.

Il Business Forum, alla sua settima edizione, l’inaugurazione della mostra commemorativa di Marco Polo e la Tavola Rotonda Italy investing in China hanno completato il disegno del quadrante geopolitico delle relazioni tra i due Paesi. In particolare nella Tavola Rotonda che ha visto la partecipazione sia in presenza che on line di 115 aziende ed associazioni imprenditoriali italiane si è evidenziata una ritrovata compattezza tra Confindustria e Camera di Commercio che può essere foriera di una rinascita delle relazioni, al fine di gestire le sfide  che si presentano con la Cina in termini di disequilibrio della bilancia commerciale e di incrementare flussi di investimento sia italiani in Cina che cinesi in Italia.

A questo riguardo il presidente della Camera di Commercio Lorenzo Riccardi ha ricordato che l’Italia, secondo i dati ISTAT, ha uno stock di investimenti in Cina di oltre 15 miliardi di Euro che contribuiscono a 1300 investimenti manifatturieri con un fatturato di 33 miliardi di Euro e 130.000 addetti, e  ha enfatizzato l’aspetto culturale che deve caratterizzare anche il business in termini di relazioni e di comprensione della cultura locale afferente il territorio che in Cina ha storie e caratteristiche diverse nelle 34 province specialmente quelle nell’area occidentale, non ancora completamente esplorate nella loro dimensione commerciale ed industriale.

Barbara Cimmino, vice presidente di Confindustria, dal canto suo ha rimarcato l’utilizzo di un modello associazionistico che possa inglobare e racchiudere quelle che sono le esperienze e conoscenze del passato proiettate in un futuro sicuramente complesso. Sono state anche analizzate le criticità dell’operare in Cina ed anche quelle che includono i rapporti giuridico legali tra i due Stati. Infatti l’applicazione del Trattato della doppia imposizione che prevede una whitholding tax del 5% invece del 10%  per il rientro in patria dei dividendi non è ancora stata ratificata  dal Parlamento nonostante abbia ottenuto formale via libera nello scorsa primavera del Consiglio dei Ministri.

Un altro vincolo, questa volta dal fronte cinese, che rappresenta un freno al nostro export agroalimentare, è la chiusura all’importazione di prodotti derivati da carna suina a causa della peste suina africana. E’ una voce importante che aveva avuto un lungo decorso sino ad arrivare ai protocolli finali dopo l’esperienza della validazione dei macelli italiani da parte dell’autorità cinese, durata parecchi anni, sino ad ottenere il risultato di importare in Cina il prosciutto di Parma e successivamente la mortadella IGP.

Una delle chiavi interpretative nel gap della nostra bilancia commerciale può trovare una risposta da una slide presentata dall’economista Tullio Buccellato  del Centro Studi Confindustria: nel mondo vengono scambiate ogni anno cinquemila categorie merceologiche secondo la classificazione HS Code; di queste 2176 sono provenienti dalla Cina. Ciò sta a significare che probabilmente una delle ragioni del disequilibrio commerciale deriva dal fatto che il commercio globale necessità di commodities che trovano in Cina il fornitore per eccellenza alimentando una catena del valore sempre più complessa.

Infatti, come ricordava Barbara Cimmino, la differenza da colmare nell’export per l'Italia vale 2,4 miliardi per i beni di consumo e 2 miliardi per quelli strumentali. Uno dei settori che in questo momento conferma questo sbilanciamento è il settore moda in termini di quantità e non tanto in valore relativamente al fast fashion. Le ottomila tonnellate giornaliere, che partono dalla Cina per il resto del mondo, Italia compresa, prodotte nella provincia del Guangdong, stanno creando una duplice negatività  per i problemi di smaltimento vista la caducità dei beni utilizzati in contrasto con le regole della sicurezza e tracciabilità.

D'altra parte il problema dei problemi del mercato cinese in questa fase sono i consumi interni della popolazione cinese: anche a giugno sono diminuiti e non solo il dato può essere riferito ad un mercato immobiliare il flessione permanente ma anche nel settore dell’automotive le continue riduzioni di prezzo per sconti e abbuoni non hanno costituito un risultato significativo per le immatricolazioni. Mentre nel settore del turismo domestico gli aereoporti affollati di passeggeri non indicano un ritorno alla propensione di spesa, quanto piuttosto la necessità delle famiglie che, in previsione dell’inizio del nuovo anno scolastico in questo mese sono obbligati  a visitare la capitale per preparare i compiti delle vacanze. In sostanza una spesa indifferibile. (riproduzione riservata)

*presidente di Savino del Bene Shanghai Co. Vive e lavora a Shanghai da 30 anni



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