Per contenere uno scenario di eccessivo rafforzamento dello yuan, Pechino ha alzato l’asticella dell’ammontare dello schema del flusso di capitali in uscita dal Paese. Secondo quanto riporta il Financial Times, la Cina ha autorizzato flussi in uscita per complessivi 147 miliardi di dollari.
I fondi fanno riferimento a uno schema dedicato agli investitori istituzionali qualificati cinesi, che consente loro di accedere ad asset all'estero attraverso banche e altre istituzioni finanziarie.
L’intenzione è di alleggerire la pressione al rialzo sulla propria divisa, che nell’ultimo anno si è rafforzato di circa il 10% sul dollaro, e raffreddare la preoccupazione per i prezzi in rialzo degli asset locali.
Negli ultimi anni la Repubblica popolare ha sempre tenuto un atteggiamento difensivo, con stringenti controlli sui capitali. Una politica che ha fatto sì che il risparmio delle famiglie si incanalasse verso investimenti domestici.
Nelle scorse settimane la Banca centrale ha anche stabilito un limite in aumento per le riserve in valuta estera a carico di ogni istituto per cercare di gestire il surplus di riserve registrato a partire dal 2020, in termini di dollari le riserve sono cresciute del 2,9 per cento.
A sostenere l'apprezzamento, ha spiegato Ben Laidler, market analyst di eToro, è stato proprio il rimbalzo delle attività economiche. Gero Jung, chief economist di Mirabaud Am, ha ricordato che ad aprile la crescita dei profitti industriali è stata molto forte, "sostenuta in parte da effetti di base, ma anche da una produzione industriale robusta". In miglioramento anche i servizi, mentre le industrie connesse al settore minerario e dei metalli hanno beneficiato dell'aumento dei prezzi delle materie prime.
A questo poi si aggiunge l'apertura dei mercati azionari e obbligazionari ai paesi esteri: "Il decennale cinese rende un punto e mezzo sopra quello americano". (riproduzione riservata)